Preoccupante il risultato evidenziato dal sesto rapporto Global Software Piracy Study, in merito alla diffusione di software piratato.
Lo studio, commissionato dalla Business Software Alliance, ha preso in esame la situazione mondiale, delineando una generale tendenza positiva nell’abbandonare l’utilizzo di programmi non licenziati, ma al tempo stesso un aumento dei danni economici generati nel settore informatico.
Non fa eccezione l’Italia, che nel 2008 ha fatto registrare un -1% nell’impiego di applicativi non regolari, generando però perdite per un totale di 1,4 milioni di euro, contro gli 1,3 dell’anno precedente.
Tra i 110 paesi presi in esame, i più diligenti sono risultati essere Lussemburgo, con il 21% di tasso per quanto riguarda la pirateria e Austria (24%).
In fondo alla classifica Grecia (57%), seguita da Cipro (50%) e Italia (46%).
Uno dei fattori che potrebbero risultare determinanti per la risoluzione del problema, almeno parzialmente, potrebbe essere rappresentato da una ripresa economica a livello mondiale, con conseguente rilancio del settore computer.
Pare infatti che la tendenza più diffusa sia quella di installare software illegale su macchine datate, evitando così di incorrere in ingenti esborsi economici per licenze che magari non verrebbero sfruttate appieno.
Il panorama attuale consente anche l’utilizzo di programmi open source, che in parecchi casi hanno poco da invidiare alle concorrenti soluzioni commerciali. Anche il percorrere questa strada potrebbe contribuire ad un abbattimento delle percentuali sopra citate.