Abbiamo parlato lo scorso anno, su queste pagine, dell’impiego del robot Da Vinci da parte del centro EndoCAS (Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa) fondato dal professor Franco Mosca e diretto dal professor Mauro Ferrari. Un’unità dedicata alla chirurgia robotica che permette di effettuare operazioni con la massima precisione possibile, utilizzata tra il 2013 e il 2014 per oltre 500.000 interventi in tutto il mondo. Nei giorni scorsi la tecnologia è stata impiegata anche in ambito educativo.
A conclusione dell’attività didattica curata dal professor Ugo Boggi, rivolta agli iscritti della facoltà di Medicina e Chirurgia, è stata organizzata la prima edizione della Pisa Cup; una competizione al simulatore dV-Trainer donato dalla Fondazione Arpa. Seguiti dall’ingegner Andrea Moglia e dal dottor Vittorio Perrone, i 75 studenti coinvolti nell’iniziativa hanno eseguito esercizi dapprima all’interno di un girone eliminatorio, per poi affrontarsi (se qualificati) nei turni successivi ad eliminazione diretta, partendo dai sedicesimi di finale. Ad aggiudicarsi il primo posto è stato Paolo Balestracci, mentre ad ottenere la medaglia d’argento è stato Alessandro Palma.
La Pisa Cup, nonostante sia alla primissima edizione, ha riscosso un notevole successo come dimostra il numero elevato di studenti interessati a partecipare (gli organizzatori si sono visti costretti a fissare un numero massimo). È la testimonianza di come l’applicazione di tecniche avanzate all’ambito medico rappresenti uno stimolo allo studio per le giovani menti. Il progetto, il primo di questo tipo in Italia, certifica anche l’eccellenza della scuola di chirurgia pisana, che lo scorso anno ci ha così spiegato l’utilità della tecnologia da Vinci.
Il da Vinci è un sistema di telechirurgia: permette ad un chirurgo seduto ad una consolle, chiamata “master”, di comandare a distanza un carrello (chiamato “slave”) con braccia robotizzate su cui sono agganciati gli strumenti chirurgici che vengono inseriti nel corpo del paziente per operare. È nato nel settore militare con l’idea di operare i soldati da postazione remota. Come la laparoscopia da cui è derivata la chirurgia robotica, permette di operare facendo passare gli strumenti attraverso fori sottili anziché facendo il classico taglio invasivo. In tal modo si ha un vantaggio dal punto di vista estetico per il paziente, ma soprattutto i tempi di degenza e le complicazioni si riducono notevolmente. Rispetto alla laparoscopia ha una maggior manovrabilità, perché gli strumenti vengono manovrati da una sorta di polso robotizzato. Inoltre, l’unità elimina l’effetto fulcro della laparoscopia e i tremori della mano umana vengono annullati dal controllo del robot.