Playpower e il sogno videoludico a 8 bit da 10 euro

Playpower e il sogno videoludico a 8 bit da 10 euro

Il passato videoludico è costellato di stelle luccicanti che si sono imposte all’attenzione del mondo. Fra queste si ricorderà con piacere quella a 8-bit del Nintendo Famicom, piattaforma per videogiochi uscita in Giappone nel luglio 1983 e poi diffusa nel mondo americano (col nome di Nintendo Entertainment System o NES) nell’ottobre 1985, e alla fine anche in Europa a partire dal settembre 1986. Il clamore di quella storica console fece da stimolo alla nascita delle prime storiche software house e delle franchise più floride (Donkey Kong, Mario Bros, Pinball ecc). A quasi ventisei anni di distanza il successo della console (e dei suoi cloni) prosegue ancora grazie allo scadere dei brevetti ventennali Nintendo (ormai liberi a tutti per l’uso commerciale) e all’interesse per soluzioni a basso costo nel sud-est asiatico.

A riportare alla memoria quei tempi e le relative piattaforme videoludiche ci hanno pensato tre ragazzi pieni di idee ed entusiasmo: Derek Lomas e Daniel Rehn, studenti alla University of California a San Diego e Daniel Rehn, ricercatore di dottorato presso lo stesso ateneo. I tre hanno formato Playpower, allo scopo di sviluppare una piattaforma videoludica da 12 dollari (meno di 10 euro) per i paesi emergenti.

L’idea nasce da un periodo di studi che Lomas ha trascorso in India, paese ricco di idee e persone industriose. Durante tale periodo, Lomas si è imbattuto in un bel clone del NES che veniva venduto a poche rupie e lo comprò senza esitazione. Lo studio della piattaforma rivelò una realtà emergente nei paesi sottosviluppati: esistevano tanti produttori di piattaforme simil-NES a bassissimo costo, costruite attorno al mitico processore 6502 a 8-bit, e rivendute come TV computer. La forma “moderna” data a quella console quella di una speciale tastiera con ingresso per cartuccie, mouse e controller e al cui interno è inserito il cuore pulsante del NES. Da lì l’idea di riprendere lo sviluppo di quella piattaforma e crearne una serie di tool e videogiochi a scopo educativo per il terzo mondo. Oltre al NES, adottavano il processore MOS Technology 6502 anche l’indimenticabile Apple II, la BBC Micro e il Commodore PET, quindi molti grandi nomi del settore.

Lo studio degli ultimi mesi si è fatto intenso e il trio americano è riuscito a far resuscitare sia delle lezioni di assembler per il 6502 che un compilatore Basic e un compilatore C. L’obiettivo è riuscire a far diventare la piattaforma più aperta rendendola compatibile con il sistema operativo open source Contiki (che include anche uno stack TCP/IP, telnet, IRC e persino un browser Web) e poi partire con lo sviluppo di software applicativo. Dai dati raccolti da Playpower ci sono ancora moltissimi produttori di 6502 in Cina e milioni di cloni Famicon venduti come TV computer in India, Malaysia, Cina e altri paesi orientali a prezzi inferiori ai 10 euro. Se si riuscisse ad aprire questo larghissimo mercato hardware esistente al software educativo, la gloria del NES potrebbe tornare a splendere in altra forma e ad educare i bambini del terzo mondo quando nessuno ci avrebbe più scommesso.

“La speranza è un sogno ad occhi aperti”, diceva Aristotele nel 350 avanti Cristo. Il progetto Playpower fa sognare il riemergere (a basso costo e per tutti) di un mito dei tempi andati con un vestito tutto moderno.

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