L’attacco al PlayStation Network è piovuto dalla nuvola. Secondo quanto riportato da Bloomberg, le cui fonti hanno preferito restare nell’anonimato a causa della riservatezza delle informazioni rivelate, l’intera operazione che ha affondato il network online di Sony dedicato alla console PlayStation 3 sarebbe infatti partito da un server riconducibile ad Amazon ed appartenente al servizio EC2 fornito dalla società.
L’accesso a tale server sarebbe inoltre avvenuto non tramite operazioni forzate, bensì nel più semplice dei modi: mascherandosi dietro un finto pseudonimo i malintenzionati hanno difatti noleggiato uno dei server del gruppo, allestendolo al meglio per organizzare l’attacco da sferrare nei confronti del colosso giapponese. Una strategia, questa, che ha permesso loro di far perdere le proprie tracce in maniera ancora più semplice, come già accaduto in passato con altri attacchi nei confronti di server remoti. L’account utilizzato dai cracker è stato successivamente bloccato ed il server utilizzato per sferrare l’attacco recuperato dallo staff di Amazon.
La notizia conferma dunque come l’aggressione ai danni di Sony sia stata curata nei minimi dettagli, senza lasciare nulla al caso, così da esser certi di far breccia al primo colpo e di poter nascondere ogni possibile traccia del proprio passaggio. Un attacco piuttosto sofisticato, dunque, quello che ha messo in ginocchio il colosso del Sol Levante, il cui network di gioco in Rete risulta ancora offline e del quale si conoscono ben poche notizie certe riguardo il suo ripristino.
Per il momento i vertici di Amazon hanno preferito non commentare sulla vicenda, ribadendo esclusivamente l’intenzione del gruppo di mantenere alto il livello di sicurezza dei propri server. Da Sony invece giunge un’ulteriore conferma dei lavori in corso per scoprire, in collaborazione con le forze dell’ordine, le identità dei responsabili di quello che si colloca senza ombra di dubbio tra gli attacchi informatici di maggiore portata, grazie alle oltre 100 milioni potenziali vittime coinvolte nel furto di dati personali perpetuato dai cracker.