Sony ed Apple dovranno adoperarsi ai fini del recupero della fiducia degli utenti dopo le recenti notizie che hanno visto il PlayStation Network ed il sistema di geolocalizzazione degli iPhone al centro delle critiche. Parole, queste, di Viviane Reding. Parole formalmente pacate, ma che celano una chiara minaccia: i grandi gruppi non devono scherzare con il fuoco perché la privacy è oggi un diritto che non può essere superficialmente violato a causa di errori, bug o misure di sicurezza non adeguate.
A poche ore di distanza dalla seconda lettera del senatore Blumenthal alla Sony, anche dall’UE si alza un monito ed il dito è puntato anzitutto contro Sony. Il gruppo giapponese ha spiegato di essere al lavoro per identificare i colpevoli e migliorare le misure di sicurezza sui propri server, ma al tempo stesso ogni comunicazione avviene a frittata ormai fatta. Viviane Reding nella fattispecie sembra circostanziare il proprio motto d’accusa con estrema precisione: «sette giorni sono troppi». 7 giorni sono quelli intercorsi tra il 20 ed il 27 aprile, ossia tra il momento in cui Sony ha spento i server del PlayStation Network ed il momento in cui ha reso pubblico il problema e le possibili ricadute sull’utenza. In questo lasso di tempo gli utenti sono stati all’oscuro di quanto stesse accadendo mentre Sony, pur consapevole della violazione avvenuta, sottaceva i rischi che andavano palesandosi evitando comunicazioni dirette che potessero allarmare la community (oltre 70 milioni di utenti PSN in tutto il mondo, a cui si sono in seguito aggiunti i 25 milioni del SOE).
La Reding mette in campo il problema e sembra voler attendere che la parentesi si esaurisca prima di intervenire eventualmente in modo più concreto. Da più parti, infatti, l’UE non ha fatto mistero di voler approfondire la questione ed eventualmente perseguire Sony per quanto accaduto e per i milioni di utenti europei coinvolti nell’incredibile debacle che ancor oggi tiene offline i server PlayStation Network e Sony Online Entertainment.
Viviane Reding ha messo la propria firma sulle sentenze della Commissione Europea contro Microsoft ed ora è pronta a far rispettare anche da Sony, Apple ed altri grandi gruppi l’apparato normativo in vigore entro i confini dell’UE. A tal proposito il Vice Presidente della Commissione è chiaro: «un social network con più di 200 milioni di utenti in Europa deve seguire le leggi europee, anche se è basato negli Stati Uniti ed anche se i dati sono conservati nella cosiddetta “cloud”». Chi ha orecchie per intendere, ha probabilmente inteso.