Si è spesso tentati di guardare al Web come la frontiera dove tutto è disponibile, uno spazio che profuma di libertà e possibilità per chiunque. È una visione che ha del vero, ma è ingenua. La rete, talvolta, mostra gap più gravi di altri media precedenti.
È il caso dei sottotitoli. Non ci si pensa mai, sembra una banalità, ma della quantità enorme di video caricati sul Web, solo una risicata percentuale fra questi è sottotitolata. In tutti gli altri casi due categorie diverse ma diffuse di persone, come ad esempio i sordi e chi parla soltanto la propria lingua madre, si trovano emarginate.
Se ne sono accorti negli USA, dove c’è una legge ben precisa, datata 1990, per i programmi televisivi, ma non per le riproduzioni di tali programmi sul Web. Tanto che fior di avvocati, rappresentanti delle associazioni di consumatori o della National Association of the Deaf, stanno facendo pressioni perché siti come CNN.com o Netflix corrano ai ripari. Come è stato fatto in occasione del Mondiale di Calcio, che alcuni network stanno trasmettendo in streaming con i sottotitoli.
Ci sono 36 milioni di ipoudenti negli Stati Uniti, e sono centinaia di milioni in tutto il mondo, per non parlare di tutti gli abitanti del globo che stanno imparando l’inglese e che sarebbero più attratti da video con i sottotitoli. Insomma, c’è un potenziale flusso di visitatori che non viene catturato.
E poi c’è YouTube, il più grande sito Internet di video, che per ora supplisce a questo vuoto con i software di riconoscimento vocale. Uno strumento ancora poco preciso rispetto all’auto-sottotitolatura promossa presso gli utenti stessi.
A capo di questo progetto di Google, proprietario di YouTube, c’è Ken Harrenstein, un ingegnere informatico che soffre di sordità.
La sottotitolatura dei video aiuta l’indicizzazione nei motori di ricerca, ma è anche molto costosa. A oggi, con l’auto-sottotitolatura potremmo tradurre tutto in più di 50 lingue, ma abbiamo un software che riconosce soltanto l’inglese: lo dobbiamo ampliare.
Come capita spesso nelle intuizioni legate alla tecnologia, lo spunto per questo desiderio di accelerare sui sottotitoli dei video proviene da un fatto molto popolare: la trasmissione a livello planetario e in contemporanea di “Lost“. L’ormai leggendaria ultima puntata del serial televisivo più seguito degli anni Duemila ha fatto emergere questo problema e la complessità della sua soluzione. In Italia, almeno per le produzioni televisive d’oltreoceano, vi sono gruppi di appassionati che rispondono a questa esigenza, fornendo sottotitoli agli episodi dei telefilm più ricercati con tempistiche record: parliamo di Subsfactory.
Se il Web ha interconnesso il mondo e gli interessi dei suoi abitanti, non ha più senso considerare le barriere temporali e geografiche quando si ha in mano un prodotto globale. Perciò in futuro vedremo sempre più eventi che avranno bisogno degli strumenti adatti per una platea globale istantanea. Compreso quelli linguistici.