Il difficile rapporto tra politica e blog non è una ferita solo italiana. Anzi. Da segnalare ad esempio l’articolo di critica che APCmag ha rivolto al Ministro per le Comunicazioni australiano, il quale ha aperto un blog cadendo però in quelli che vengono definiti “10 peccati”:
- Sembra il sito di un dipartimento governativo
- C’è una fastidiosa distanza tra il blogger ed i lettori
- I commenti vengono approvati solo durante le ore di lavoro
- Il feedback raccolto non deve prescindere dal filtro dell’autore (le parole non devono passare dai commenti di un post al dibattito in Senato, senza intermediazione)
- Il blog non è un servizio. Dunque i “termini per il servizio” sono una distorsione del concetto
- È aperto solo per i maggiorenni
- …
Eccesso di zelo o effettivamente cadere in questi “peccati” significa minare la propria presenza sulla blogosfera? Gli appunti smossi non sembrano errati, in effetti c’è un modello da fagocitare prima di avventurarsi nel mondo dei blog. È pur vero che, in qualità di personaggi pubblici, i politici sembrano sulla graticola più di chiunque altro ed ogni attività sulla rete passa al vaglio censorio fin dalle prime ore. Motivo in più per soppesare attentamente e preventivamente ogni passo: il fallimento è il più probabile degli esiti quando ci si avventura in lande inesplorate.