Ci sono tanti modi di analizzare l’arretratezza della classe politica italiana, e per un volta l’ennesimo battibecco televisivo non c’entra. È sul Web che si possono trovare le nude statistiche di un rapporto ancora difficile (anche se in evoluzione) di parlamentari e amministratori con blog e social network.
Questo quadro a tinte grigie emerge da uno studio condotto dal politologo Stefano Epifani insieme ad altri ricercatori, incluso nel “Manuale di Comunicazione in Rete, costruire il consenso nell’era del Web 2.0”, disponibile come eBook gratuito.
Un libro davvero interessante, perché riassume in cifre la situazione italiana: tra i parlamentari, appena un terzo utilizza il Web per comunicare, attraverso Facebook, e il 13 per cento tramite un proprio blog. Spesso, quando finiscono le elezioni (e magari non le si è vinte), l’Onorevole tende a dimenticare il profilo, non lo aggiorna più e lo lascia decadere, salvo tornarci all’approssimarsi di una nuova scadenza elettorale.
Nelle 278 pagine del manuale c’è ovviamente molto di più, ma già questi primi numeri spiegano bene come alcuni politici si distinguano dal contesto generale. Il sindaco di Bari, ad esempio, si fece notare qualche tempo fa per una sua iniziativa anti-fannulloni molto discussa. Matteo Renzi e Nichi Vendola sono particolarmente attivi sui social network, così come il ministro Mara Carfagna nell’altro schieramento. Tutti capaci di aggiornare quotidianamente e più volte le pagine assicurandosi decine di migliaia di iscritti, o follower sui loro account Twitter.
Paradossalmente, gli amministratori locali sono spesso in coda, nonostante il Web sarebbe l’ideale per costruire un rapporto diretto coi cittadini. Nel campione utilizzato, composto da 700 persone, cioè la totalità dei parlamentari, tutti i sindaci di capoluogo e un campione rappresentativo degli amministratori locali under 30, solo questi ultimi arrivano a un confortante 66 per cento di presenza online.
Naturalmente, essere sul Web 2.0 non significa capirlo e saperlo utilizzare. Si sprecano gli episodi imbarazzanti di alcuni esponenti politici, come le scuse di Clarissa Lombardi, esponente toscana del Pdl, dopo aver scritto sul suo profilo Facebook frasi razziste sui rom, ma anche il caso scoppiato letteralmente tra le mani dello stesso Matteo Renzi, quando comunicò la sua visita ad Arcore aggiornando il proprio status e scatenando un fiume di polemiche.
Sia a livello locale che nazionale, insomma, i nostri rappresentanti mostrano ancora una certa diffidenza quando non analfabetismo sulle potenzialità dei media 2.0 e sulla necessità di cambiare la propria comunicazione.