Anche la Polonia si adeguerà al sistema che regola i finanziamenti al servizio pubblico già in uso in altri paesi europei, dal 2010 infatti i cittadini polacchi non saranno più costretti a pagare direttamente il canone.
La modifica segue la linea già scelta da molti paesi europei che prevede che i soldi da riversare nelle casse della concessionaria del sevizio pubblico siano stanziati nella legge finanziaria, quindi direttamente dal Governo e non, come avviene in altri paesi, sotto forma di imposta gravante su tutti i cittadini che possiedono un apparecchio in grado di ricevere i canali.
Un sistema che consente di uscire da questa imposizione “controversa” e considerata “anacronistica”, che riceve tante critiche praticamente da parte di tutti i cittadini europei, i quali si sentono “costretti” a pagare un’imposta da molti definita ingiusta e discriminante.
In Italia il canone RAI è stato spesso oggetto di discussioni, sia a livello politico che a livello dei consumatori, con vari rappresentanti che hanno chiesto, negli anni passati, l’abolizione di questo “balzello”.
Un disagio sentito soprattutto perché, quasi paradossalmente, in Italia il canone TV è disciplinato da una legge regia del 1938, fatta praticamente quando ancora la TV non esisteva, la quale identifica il “pagatore” in qualsiasi soggetto in possesso di “apparecchiature atte o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni”.
Una frase generica ma incredibilmente “efficace”, dato che, a rigor di logica, praticamente qualsiasi oggetto moderno, dal telefonino alla console per videogame, rientra perfettamente in questa categoria.
Più volte con l’avvento del digitale si è dibattuto sull’opportunità o meno di tale imposta, c’è chi continua a vedere nella TV pubblica un punto di riferimento, c’è chi invece vorrebbe che, in una realtà sempre più multicanale e segmentata, la struttura stessa della televisione pubblica vada rivista e ammodernata, anche privatizzando le aziende se necessario a garantire loro una certa “autonomia” di mercato.
Altro aspetto è inoltre quello degli spot, proprio di recente la Francia ha tolto dalla TV pubblica le inserzioni pubblicitarie, una mossa orientata a “slegare” l’emittente di stato dalle logiche commerciali che premiano i numeri (cioè lo share) a dispetto della qualità e degli obblighi di servizio pubblico.
Le nuove piattaforme hanno cambiato il volto del settore televisivo, ciò che poteva essere valido alcuni decenni fa sembra inadeguato al giorno d’oggi. Alcuni paesi sembra stiano tentando di trovare nuove soluzioni che vanno anche nella direzione della salvaguardia di un patrimonio straordinario come quello delle TV pubbliche, che sia ora di cambiare anche per il nostro Paese?