Il Garante per la Privacy e Google Italia sono entrati in discussione su una tematica che ha finora prodotto più parole che non esiti concreti, ma che risulta di particolare importanza soprattutto per quanto concernente il rapporto tra l’utenza ed i motori di ricerca. La disputa verte sul cosiddetto “diritto all’oblio” o quantomeno sulla necessità di una reale corrispondenza tra la realtà dei fatti relativi ad una persona e la corrispondenza con quanto riscontrabile online.
Ad inaugurare lo scambio dialettico è il Garante, dal quale arriva a Google un intervento preciso e circostanziato: «le informazioni presenti nei motori di ricerca devono essere aggiornate. Il diritto delle persone ad essere rappresentate su Internet con informazioni esatte deve essere sempre garantito in rete, anche fuori delle pagine web che per prime pubblicano i dati. In alcuni casi, il rischio è quello di arrecare seri danni agli interessati. Il Garante per la privacy ha scritto al quartier generale di Google (Google Inc.), in California, invitando la società ad individuare possibili soluzioni per risolvere il problema della permanenza in rete di informazioni personali che restano consultabili e sono a volte predominanti nei risultati della ricerca, malgrado siano state corrette, perché superate o non più rispondenti alla realtà dei fatti, presso i “siti web sorgente” dai quali le pagine sono state estratte».
Il Garante spiega inoltre come il tutto nasca «dopo che una cittadina italiana aveva verificato che, utilizzando il motore di ricerca, apparivano in prevalenza informazioni su un procedimento penale avviato nei suoi confronti per reati per i quali era stata assolta». Nessuna imposizione a Google, dunque, ma una semplice quanto forte richiesta di collaborazione per risolvere la questione prima che ulteriori problematiche possano emergere in futuro. Chiude il Garante: «Google Inc. è stata anche invitata ad inserire nel sito www.google.it un’informativa più chiara che consenta agli utenti di comprendere che il titolare del trattamento è la società con sede negli Usa e illustri meglio e in dettaglio agli utenti le modalità attraverso le quali ottenere rapidamente la cancellazione o l’aggiornamento di pagine web modificate presso i “siti sorgente”».
La risposta di Google Italia non tarda ed è resa pubblica, sul blog appena inaugurato, a firma di Stefano Hesse, Corporate Communications Manager: «Google tiene in massima considerazione la privacy. Creiamo i nostri prodotti nel massimo rispetto della privacy dei nostri utenti, e lavoriamo continuamente a stretto contatto con le Autorità di protezione dei dati personali, compreso il Garante della Privacy italiano, per assicurarci che i nostri servizi siano in linea con gli standard europei. Il nostro prossimo meeting in maggio con il Garante della Privacy, citato negli articoli, fa parte di un normale processo di colloqui costruttivi. E’ nostra volontà continuare con questo dialogo costante con le Autorità, nel migliore interesse dei nostri utenti, e andremo avanti a collaborare con i garanti della privacy in Europa, il cui feedback ci aiuterà a costruire le migliori protezioni della privacy possibili. Questo continuo interscambio di opinioni e suggerimenti non può che farci piacere e contribuire a rendere i nostri prodotti sempre migliori e in linea con le aspettative degli utenti».
Non scontro, dunque, ma collaborazione. Non rottura, ma dialogo. Tra le parti vige l’interesse comune alla tutela dell’utenza, ma in questo caso è in discussione il ruolo di un motore di ricerca, la definizione dei termini di privacy nel rispetto della verità, l’individuazione delle responsabilità (e degli obblighi relativi) nel caso in cui tematiche errate o posizioni distorte non vengano rettificate.
Già oggi Google tende a favorire i documenti nuovi rispetto a quelli più datati, ma il pagerank è basato primariamente su altri fattori ed una vecchia notizia di forte impatto è spesso meglio valutata della corrispettiva e meno rumorosa smentita attuale. Un intervento di Google in tal senso non è quindi semplice, soprattutto rimanendo nell’ambito di un lavoro automatizzato e privo di monitoraggio e valutazione umani. Sul diritto all’oblìo il dibattito si sposta fin troppo facilmente su un campo più filosofico che giurisprudenziale, ma è soprattutto nei termini di quest’ultimo approccio che Garante e Google svilupperanno il proprio incontro alla ricerca una posizione in grado di accontentare le parti in causa.