Il tema della privacy è uno di quelli sempre caldi negli ultimi tempi, soprattutto alla luce delle evoluzioni che il mondo della comunicazione ha avuto in questi anni con l’arrivo di Internet e di servizi come social network e affini, dove la parola condivisione è all’ordine del giorno e dove tutto, o quasi, diventa di dominio pubblico in pochi click.
Uno dei servizi finiti spesso nel polverone per accuse di violazione della privacy è Street View, il servizio di mappe online di Google che raccoglie nel suo database milioni di foto di diverse aree del mondo scattate a livello stradale da automobili appositamente attrezzate, un database contenente di conseguenza le immagini di tantissime persone perlopiù ignare di finire sul Web.
E proprio sul servizio di Google si sono riversate le attenzioni di diversi stati nel mondo, con conseguenze e valutazioni che, però, nonostante l’universalità della Rete, si mostrano sorprendentemente assai diverse da nazione a nazione.
Infatti, se ad esempio negli USA contro Street View si è scatenata una class action per presunte violazioni della privacy, in Italia la questione è stata sicuramente meno sentita, mentre in Inghilterra sono stati gli stessi cittadini a impedire fisicamente alle “Google Car” di attraversare le strade per scattare le foto.
Il paradosso più eclatante si è però avuto due giorni fa, quando due sentenze di senso opposto si sono registrate in due paesi europei: mentre la Francia condannava Google a pagare 100.000 euro di multa per aver indebitamente raccolto materiale riservato da reti WiFi, tramite le apparecchiature delle sue auto, la Germania, finora uno dei paesi più critici nei confronti di Street View, dava il via libera al servizio non ritenendolo un pericolo per la riservatezza.
Situazioni assai differenti per un problema che, al contrario, è identico e si pone l’obiettivo di stabilire dove finisce il diritto alla riservatezza di ogni individuo. Una questione difficile da chiarire, che vedrà sempre di fronte quanti sostengono che ogni uomo ha diritto alla privacy anche quando si trova in un luogo pubblico (come può essere una strada) e chi sostiene, invece, che in un ambito pubblico anche il privato cittadino assume una condizione “pubblica”, per cui si deve sottostare al “rischio” di essere ripresi in foto o video che potranno poi essere diffusi dai media.
La risposta, ovviamente, non è univoca e i fatti prima elencati, che vedono differenze sostanziali da paese a paese, lo confermano con molta efficacia.