Dopo l’aggressione a Silvio Berlusconi si è innescata una improvvisa e strana catena di conseguenze e dibattiti che ha portato presto l’attenzione ben lontana dalla manifestazione di piazza ove è avvenuto il misfatto. Nel giro di poche ore, infatti, il dibattito si è spostato verso i social network, sui gruppi pro/contro Tartaglia, circa la necessità di regolamentare la manifestazione delle idee tramite il Web. Il Ministro dell’Interno Maroni si è fatto catalizzatore delle pressioni provenienti da più parti ed ha palesato la volontà di portare avanti una proposta di legge che permettesse al Parlamento di discutere dell’opportunità di norme utili a fornire alla magistratura nuovi strumenti per l’intervento su reati commessi online.
La proposta è stata delineata come linea di principio, se ne è fornita una valutazione indicativa, ma ancora non è stata pubblicamente presentata (solo in giornata se ne è discusso al Consiglio dei Ministri, senza che trapelasse però granché circa il testo specifico portato avanti dal Ministro dell’Interno). Ciò nonostante, l’iniziativa di Maroni fa già discutere. E da pochi minuti è possibile registrare varie opposte prese di posizione.
Il primo attestato, fiduciosa ed aperto, è quello dello IAB Italia: «IAB Italia, Associazione che riunisce oltre 120 aziende del settore dei new media, ha seguito con vivo interesse il dibattito di questi giorni in merito alle nuove regole proposte per Internet dal Governo Italiano. L’Associazione apprezza particolarmente lo spirito di collaborazione e di apertura al dialogo dimostrata nelle ultime ore dal Ministro dell’Interno, On. Roberto Maroni. IAB, tramite le competenze e la specializzazione dei propri associati, auspica l’avvio di un dialogo tra tutte le parti e si dichiara disponibile a creare un tavolo di discussione per collaborare con le istituzioni italiane alla definizione di regole condivise che possano rispondere efficacemente alle varie esigenze». Aggiunge nello specifico Layla Pavone, Presidente dell’associazione: «Internet è uno strumento dalle potenzialità enormi non da demonizzare ma da utilizzare al meglio, espressione di democrazia e partecipazione, un mezzo che ha determinato un’evoluzione culturale e organizzativa nella società. Siamo lieti che le istituzioni italiane e il mondo della politica prestino attenzione alla rete e al suo ruolo nel contesto sociale. Auspichiamo che questo interesse non influisca negativamente sull’evoluzione della rete, ma, anzi, contribuisca a stimolarla, poiché essa è una leva ormai irrinunciabile per lo sviluppo di un paese che voglia essere competitivo e democratico».
La seconda presa di posizione è invece in via di organizzazione e proviene da “Diritto alla Rete“, gruppo di discussione nato da pochi mesi su Ning per mettere assieme un gruppo di attivisti per la difesa delle libertà sul Web. Il gruppo ha già infatti organizzato per mercoledì 23 dicembre, tra le 17 e le 19, una manifestazione silenziosa in Piazza del Popolo a Roma: «si tratta di una manifestazione silenziosa (saremo tutti sdraiati a terra per un minuto) ed è stato marcato la staticità della protesta»; «il simbolo che useremo è il bavaglio»; «In Questura abbiamo riferito l’assenza di musica e oratori». Il popolo viola del No B Day sarà presente e quanti volessero partecipare “in remoto” potrà farlo organizzando piccoli sit-in sotto il motto di “Libera Rete in libero Stato”.
A queste due posizioni si può aggiungere ancora la ferma opposizione dell’ADUC ad alcune dichiarazioni del Presidente del Senato, Renato Schifani, secondo cui Facebook sarebbe più pericoloso dei gruppi degli anni di piombo («Si leggono dei veri e propri inni all’istigazione alla violenza. Negli anni 70, che pure furono pericolosi, non c’erano questi momenti aggregativi che ci sono su questi siti. Così si rischia di autoalimentare l’odio che alligna in alcune frange»): «Noi non ci stupiamo più di tanto nel sentire certe affermazioni, anche se mostriamo preoccupazione quando vengono dalla scranni istituzionali così importanti. Siamo abituati a giudici italiani che sentenziano con censure la manifestazione della libertà d’espressione in Rete; siamo abituati ad avvocati che difendono i loro clienti delinquenti quando di questi ultimi se ne parla in Rete per le truffe che praticano a danno dei consumatori».
In tutto ciò, però, ancora manca il centro della questione: qual è esattamente la proposta di Roberto Maroni? La proposta oggi in discussione al Consiglio dei Ministri avrebbe avuto una approvazione di massima, ma ancora non ci sarebbe pieno accordo circa il modo di intervenire senza porre misure che possano essere interpretate come una censura indiscriminata. Ancora una volta la riflessione negli ambienti politici sembra basata sul modello Facebook: come imporre la chiusura di singole pagine senza intaccare la libertà del network intero?