La vicenda ha avuto inizio nel mese di marzo, con l’annuncio di Project Maven, un’iniziativa messa in campo dal Pentagono in collaborazione con Google, per sfruttare le potenzialità del sistema TensorFlow al fine di analizzare le immagini catturate dai droni dell’esercito statunitense in missione sulle aree interessate dai conflitti.
Una partnership che non è piaciuta ai dipendenti del gruppo di Mountain View, tanto che nelle settimane successive in migliaia già avevano firmato una petizione interna chiedendo a bigG di non mettere le proprie tecnologie al servizio dell’industria bellica. Nessuna risposta soddisfacente è giunta da parte della società, tanto che una dozzina di collaboratori hanno maturato la decisione di licenziarsi lasciando il proprio incarico. Questa la testimonianza fornita alla redazione del sito Gizmodo da uno di coloro che hanno scelto di abbandonare l’azienda, lamentando una progressiva chiusura dei vertici nei confronti di chi solleva questioni di ordine etico e morale.
Non ero soddisfatto nel poter solo esprimere le mie preoccupazioni internamente. Il modo più efficace per prendere posizione contro quanto sta accadendo è andarsene.
A tal proposito si segnala anche la lettera aperta pubblicata dall’International Committee for Robot Arms Control a sostegno delle migliaia di dipendenti Google che hanno espresso il loro dissenso nei confronti del progetto, che in apertura si rivolge direttamente a Larry Page, Sundar Pichai, Diane Greene e Fei-Fei Li (Google Cloud) per chiedere la sottoscrizione di tre punti ritenuti di fondamentale importanza.
- Porre fine al Project Maven condotto in collaborazione con il Dipartimento della Difesa;
- impegnarsi a non sviluppare tecnologie militari e a non consentire l’utilizzo dei dati personali raccolti per operazioni militari;
- garantire la non partecipazione e il non supporto allo sviluppo, alla realizzazione, al commercio e all’utilizzo di armi autonome, assicurando il sostegno alla loro messa al bando.