Una proposta di legge sulle crittomonete, ma non tutte, solo quelle totalmente anonime e non pseudonime. Ha iniziato l’iter di presentazione il più internettiano dei deputati, Stefano Quintarelli, insieme ad altri 13 colleghi, e si tratta di un primo tentativo di regolamentare un settore terribilmente complesso sulla base di due principi già visti quando si tratta di questi progetti: sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni; dare un valore positivo all’uso e lavorare invece sull’abuso.
Non esiste ancora un testo definitivo e non c’è un numero ufficiale tra le proposte di legge a firma Quintarelli perché non è ancora stato assegnato. Di fatto, è una idea, che riprende lo stile dell’Intergruppo per l’Innovazione: si fa una proposta per sollecitare una riflessione, nella proposta si prende in mano una questione tecnologica-politica nella quale si rifiuta l’idea corrente che certe soluzioni spettino ai soli regolatori ed operatori ma che anche i legislatori hanno una voce in capitolo, si manda un messaggio a Bruxelles prima della chiusura di un documento sul medesimo argomento invece che dopo. È successo ad esempio con la net neutrality e con la sharing economy, testi che dopo una prima ipotesi lanciata in sede parlamentare hanno raccolto commenti dagli addetti ai lavori e poi è consolidata nella proposta depositata in via definitiva.
con altri 13 colleghi abbiamo presentato una PDL che prevede il divieto in italia di cryptocurrencies ad anonimizzazione totale @mara_mucci
— Stefano Quintarelli (@quinta) October 27, 2016
Perché lavorare sulle crittovalute?
In attesa di capire bene che tipo di proposta di legge potrebbe un giorno arrivare in commissione parlamentare e seguire il suo iter, basta leggere la discussione su Facebook (ormai questo social network è una finestra sui “lavori” pre-aula e non è affatto un male, anzi: è trasparenza) per comprendere la natura delicata di questo proposito. Da un lato, si deve ribadire la libertà di ciascuno di acquistare qualcosa senza che qualcun altro lo scrutini, lo possa spiare, tracciare. Dall’altro, ci sono esigenze di anti terrorism financing ed anti riciclaggio che vanno contemperate.
Il concetto espresso da Quintarelli, in difesa della proposta:
Vogliamo affermare che ci piacciono le monete pseudonime. Per quelle basate su zero knowledge proofs, in ultima analisi dipenderà dall’esistenza nel mondo di exchange legali per assicurare la loro convertibilità in uscita. (…) Ovvio che un paese da solo non può fare nulla (come per il riciclaggio), ma in EU si sta lavorando ad emendare la direttiva su AML, prevedendo che gli intermediari siano registrati e vengano fatti controlli contro riciclaggio e finanziamento al terrorismo, però non tiene conto delle nuove valute anonime. I parlamenti possono dare suggerimenti anche in fase ascendente.
In termini più espliciti: stanno arrivando le monete totalmente anonime e non solo pseudonime, tecnologie che non sono considerate nella proposta di revisione della direttiva sulla quale sta lavorando Bruxelles. Come capitato con altri temi, una proposta di legge, anche se soltanto italiana, può mandare un segnale al livello superiore del processo decisionale; mentre nel contesto locale stimola gli stakeholder al dibattito.
I detrattori di questo metodo o del tema in sé, pensano invece che non ci sia molto da scoprire a proposito delle crittovalute e in generale sulle transazioni anonime, e che una legge che limitasse l’operatività degli exchange di valute anonime laddove approvata taglierebbe fuori l’Italia da un mercato senza limitare la parte oscura di reti illegali di scambio.
Sul tavolo c’è una proposta che apre la discussione su aspetti delicati per i quali va trovato un punto di equilibrio. Certamente una discussione da seguire per come si svilupperà nei prossimi mesi.