La migliore dimostrazione che nella vicenda della chiusura di BlogBabel vi sia qualcosa di storto alla radice è data dal fatto che, per raccontarla, anziché di questioni di metodo e di impostazione progettuale, si sia quasi obbligati a parlare della hybris egocentrica di Paul the Wine Guy, del Caratteraccio di Ludo (ormai quasi un trademark), delle smanie di protagonismo dell’editor Boh, dell’atteggiamento astioso e distruttivo di Napolux e di altre amenità similari [oh, se quanto scritto sin qui vi pare arabo, ciò è un ottimo segno di salute intellettuale! In ogni modo, in coda al post, c’è un piccolo Who’s Who d’aiuto].
Una personalizzazione estrema della vicenda che è il sintomo più chiaro della debolezza del progetto BlogBabel, vissuto da alcuni dei suoi autori e da alcuni dei suoi fruitori più ascoltati come una bega fra condomini, ovverosia come un apparente oggetto di decisione contrattata che in realtà funge da esercizio di autoaffermazione e potere – con tutto lo strascisco di idiosincrasie e rancori pregressi (e di mancanza di pazienza e di modestia come ha notato Pasteris) che un simile setting comunicativo comporta.
I sintomi in tal senso sono chiari e inequivocabili: lo svolgersi di parte importante delle discussioni sui blog personali degli attori anziché nei luoghi progettualmente deputati (blog del progetto, google group dedicato etc), il messaggio di chiusura di BB con l’indice ben puntato su alcuni colpevoli, il frenetico fiorire di post a commento totalmente sfocati, privi cioè di un oggetto di discussione condiviso, in quanto intrappolati nel confuso mulinello della guerriglia degli ego, e così via.
Per tirarsi fuori da questo caotico e melodrammatico viluppo di scenette isteriche, ripicche, contestazioni e gesti plateali – magari divertente come può esserlo una rissa in tv, ma analiticamente improduttivo – è necessario volgere lo sguardo a monte delle polemiche contingenti, in cerca delle cause di questo andazzo nevrotizzante e personalistico. Cause che, al contrario di De Biase, non ridurrei solo a un problema di “mancanza della cultura del rispetto e della gratitudine aprioristica verso chi offre qualcosa online”, né a una bieca trovata di marketing da parte di BB come ha scritto Matteo Moro. E neppure mi pare che la spietata dialettica ospite-parassita che ammorba tanti progetti di web sociale, mirabilmente delineata da Uriel, si attagli perfettamente al caso.
Ora, l’evidenza è che BlogBabel, sia presso i suoi autori che fruitori, veniva schizofrenicamente vissuto come un progetto di successo ma debole, negoziabile, vulnerabile. Come un progetto influente ma privo di distacco e autorevolezza. Il che, per un qualcosa che mirava a “misurare” in maniera efficace e obiettiva l’insieme dei blog italiani, distillando una classifica dei blog più *qualcosa* e un gotha delle discussioni più *qualcosa*, è un handicap mica da ridere.
Questa paradossale influenza non autorevole derivava secondo me dal dispositivo congiunto di due ordini di problemi.
Da un lato il “successo” di BlogBabel, vissuta da molti come il luogo più “in vista” dove costruire/esibire (seguendo un vasta gamma di motivazioni che vanno dal gioco alla monetizzazione) il proprio status di blogger “importanti”. Questo successo è dovuto certo alla cura e alla passione che gli autori del progetto hanno messo nello stesso, alle radici che gli autori medesimi, blogger fra blogger, hanno ben piantate in una certa società sul web, e al continuo sforzo di non fare le cose a capocchia ma di dar loro una “forma controllata” (stavo per scrivere “un senso”, ma come vedremo fra poco sta anche nella latitanza del suddetto il problema): e il continuo aggiustamento degli algoritmi di misurazione nel prometeico tentativo di arginare storture e manipolazioni è il miglior testimone di questa cura – nonché, ennesimo ma comprensibile paradosso, la fonte maggiore di contestazioni e discussioni.
Dall’altro lato, due punti critici.
Il primo, ineliminabile perché connaturato alle misurazioni algoritmiche di materiali semantici e sociali, è nella mancanza oggettiva di significati delle classifiche e delle selezioni prodotte da BlogBabel (e da Technorati, e dal resto della compagnia degli agrimensori del web).
Mancanza di significati ammessa, con onestà intellettuale ma senza il coraggio di trarne le dovute conseguenze, in primis dagli autori stessi del progetto. I quali, nelle sezioni informative del sito, ben si guardavano dal dire che le classifiche ordinassero i blog più importanti, o più influenti, o più belli, o più letti, o più cliccati o più altro. La classifica, nelle loro tautologiche parole, era un ordine di blog prodotto da un dato algoritmo, punto.
Era, insomma, la classifica dei blog più *qualcosa*. Ovverosia una cosa priva sostanzialmente di significato esplicitabile. Insomma, arbitraria e epistemologicamente inutile. Però, cionostante, si continuava a produrla lasciandola lì asetticamente in bella vista, cioè non connotandola a chiare lettere come una cosa priva di senso e affidabilità, o al limite cazzona e ludica. E si lasciava che una fin troppo nutrita schiera di blogger (e di osservatori esterni, forse) la vivesse, equivocando, con importanza e significanza: dinamica che ha significato traffico e notorietà per il progetto BB, certo, ma anche l’alimentarsi di un equivoco di fondo di cui vediamo i frutti malformati in questi giorni.
Il secondo punto è ben più grave, e segna il sostanziale fallimento, nonché il potenziale distorsivo, della BlogBabel che abbiamo conosciuto sin qui.
In preda alla corrente del suo successo e della sua visibilità, e intorbidita dall’equivoca significanza delle sue misurazioni (sia quelle delle classifiche che quelle del meme-tracking), BlogBabel si era trasformata nella sua stessa nemesi: ovverosia in un progetto di analisi e misurazione del panorama blog che finiva col determinare in parte forme e misure di quel panorama (Granieri ne parlò a suo tempo come di “effetto blogbabel”, e nei commenti al post è interessante leggere le posizioni di allora di alcuni dei protagonisti delle polemiche attuali).
Da qui il sempre più massiccio ricorso, da parte di molti blogger, a una gamma di comportamenti – che andava dalla frode bella e buona alla semplice ottimizzazione di post e comportamenti sociali in funzione BB – orientati ad assecondare i criteri algoritmici della classifica. E perfino il meme tracking suonava, ultimamente, falsificante, trasformandosi così da tool divertente e potenzialmente molto utile in un ennesimo effetto distorsivo: ché un post, certo, appariva sulla vetrina di BB perché molti ne discutevano, ma subito dopo molti altri passavano a discuterne proprio perché quel post era apparso sulla vetrina di BlogBabel, e quindi il post vi permaneva a lungo a scapito certo di altre discussioni. Un meme-tracking che si trasforma in un meme-setter: bel paradosso.
Insomma, da misuratore delle discussioni, BlogBabel ne era diventata vieppiù una delle fonti di codizionamento e di nevrotizzazione. Da metro, si era sempre più trasformata in agente distorsivo. E quale più clamoroso fallimento, per un metro, che quello di distorcere le proporzioni e misure dell’oggetto misurato? Ovverosia di un metro che, nei suoi esiti più estremi, finisce col misurare solo se stesso?
Così, al mio occhio tutto sommato disinteressato, appare la situazione.
In conclusione, i miei irrilevanti auspici per il futuro. Io spero che BlogBabel – progetto curato e appassionato, e in ciò ammirabile – torni, senza classifiche o al limite con classifiche parziali, ludiche, in fieri e in continuo capovolgimento, e universalmente riconosciute come insignificanti e distorsive e chiaramente esplicitate come tali. Questo perché, a dispetto di tutti i pur pregevoli sforzi, tali sono e rimarranno.
Insomma, se classifiche devon essere, che almeno rifuggano i perversi effetti di cristallizazione di uno status quo gerarchico inutile e artificioso, e che invece piuttosto aiutino a rimescolare le acque e a scoprire nuovi autori, progetti e contenuti.
Ma soprattutto con un meme tracking allargato (non più cinque contenuti in copertina, ma venti, trenta, cinquanta), e che, in termini di evidenziazione e “galleggiamento” dei contenuti, controbilanci al massimo la distorsione prodotta da BB stessa e favorisca il ricambio dei contenuti e la loro varietà.
Che di una BlogBabel che rinforza i comportamenti conformisti e funge da pantheon di cartapesta delle piccole celebrities de noantri, davvero si può fare tranquillamente a meno.
—
PICCOLO WHO’S WHO D’AIUTO
Boh/orientalia4all: blogger e una degli editor di BlogBabel
Ludo: sviluppatore e blogger, creatore e dominus di BlogBabel
Napolux: blogger in consolidata polemica con BlogBabel
Paul the Wine Guy: blogger in recente polemica con BlogBabel