Va male, malissimo, la pubblicità nel primo trimestre del 2009. Un declino del 5% rispetto al medesimo periodo del 2008 per tutti i comparti, un calo generalizzato che non lascia ben sperare dopo i timidi segnali positivi delle scorse tornate.
Si sono spesi circa 5,5 miliardi di dollari in pubblicità in rete nei primi tre mesi dell’anno in corso, cifre che non sono rientrate a livello commerciale e che hanno causato il calo conseguente. Un simile declino non è molto differente da quanto accaduto nel primo trimestre del 2002 (se confrontato con il primo del 2001), l’era della bolla speculativa che cambiò i connotati al mondo della Rete.
Ma non c’è solo la crisi. Alcuni istituti di ricerca, come ad esempio Forrester, cominciano ad ipotizzare che per qualità e quantità il calo della spesa potrebbe non essere dovuto interamente alla congiuntura economica negativa: «Le nostre ricerche mostrano che la spesa per strumenti interattivi a risposta diretta sta aumentando» dicono dall’istituto, eppure nel complesso gli investimenti per branding e advertising non pagano bene.
Advertising dal 2001 al 2009
Altri invece continuano a sostenere che il brusco arresto nella spesa pubblicitaria sia da imputare unicamente alla crisi: «La gente sacrifica le spese in branding per investire nel marketing che porta risultati più immediati. Così non sperimentano nemmeno gli strumenti emergenti come facevano in passato. Preferiscono andare sul sicuro».
Lo scorso anno la spesa nel primo trimestre fu di 5,8 miliardi di dollari, circa il 18% in più di quanto riportato l’anno prima, che a sua volta era del 6% maggiore rispetto al 2006. Nonostante tutto però non c’è accordo tra gli analisti nemmeno sul futuro. C’è chi, come l’Internet Advertising Bureau (IAB), continua ad essere fiducioso che l’advertising interattivo e l’uso crescente che il pubblico fa dei nuovi media possano invertire la marcia e chi invece sostiene che il peggio debba ancora venire.