Confesso che mi ha molto colpito leggere questo articolo di Mark Leibovich sul New York Times, nel quale il giornalista si chiede se l’essere un analfabeta informatico, quale McCain è e dice di essere, può costituire un pregiudizio per un candidato alla Presidenza degli Stati Uniti.
McCain ha ripetutamente e più volte ammesso di non essere affatto vicino alle nuove tecnologie e, praticamente, di non fare mai uso, almeno in prima persona, di email, chat ed altri strumenti per molti (almeno in USA), all’ordine del giorno.
Nessuno pretende che il Presidente degli Stati Uniti passi ore al computer ad aggiornare il suo status su Twitter o rispondere alle email, è ovvio che persone in quella posizione hanno poco tempo e queste attività è bene che vengano svolte dal suo staff (si pensi a quello di Gordon Brown, ad esempio, dotato persino di un account su Twitter).
Quel che preoccupa gli analisti è il fatto che anche se non si usano in prima persona le nuove tecnologie, esse hanno ormai un ruolo così penetrante nel nostro mondo, che non permette più a nessuno di prescindere, quanto meno, dalla loro conoscenza. Il Presidente deve quindi conoscerle e sapere quali sono le implicazioni sulla società, così da compiere scelte informate (e possibilmente corrette) in materie che coinvolgono la tecnologia.
In USA questo dibattito sarà destinato ad accendersi ancora di più nei prossimi mesi: quando il duello tra Obama e McCain sarà ancora più aspro è facile immaginare che la freschezza e modernità del candidato democratico sarà opposta alla vetustà (sia fisica che ideologica) del candidato repubblicano.
Ne vedremo delle belle da quelle parti mentre, qui in Italia, temi del genere sono ben lontani dall’agenda dei media.