Si chiama “deep learning” ed è da molti considerato il futuro dell’intelligenza artificiale. Trattasi di una tecnica volta ad istruire sistemi elettronici di elaborazione mediante l’adozione di reti neurali, permettendo così l’apprendimento di nozioni e concetti ad oggetti inanimati. Al momento è ancora in fase di evoluzione, ma non mancano i risultati positivi, né tantomeno le dimostrazioni pratiche di quali siano le potenzialità di un simile strumento.
Le reti neurali artificiali rappresentano infatti un settore di studio particolarmente interessante per il mondo dell’ingegneria, sia in ambito accademico che aziendale. Svariati sono i gruppi che hanno scommesso in tale direzione, tra i quali anche giganti come Apple e Google, i cui rispettivi sistemi di riconoscimento vocale, così come il servizio Street View del colosso delle ricerche, poggiano le proprie fondamenta proprio sul machine learning e sulle reti neurali. Fine ultimo in tutti i casi è la creazione di un sistema software in grado di imitare il cervello umano nell’assorbire informazioni ed elaborarle per aumentare le proprie conoscenze.
Proprio il cervello umano è il modello di riferimento al quale i ricercatori si ispirano per sviluppare nuove tecniche e nuove soluzioni per istruire quelli che dal punto di vista fisico null’altro sono che semplici circuiti elettronici in grado di eseguire istruzioni impartite da un programmatore. Ripetendo più volte specifici esperimenti si intende quindi fare in modo che le reti neurali artificiali acquisiscano un concetto, un’idea o un’esperienza, la archivino in forma digitale e la elaborino così che negli esperimenti successivi possano reagire in maniera opportuna.
L’idea di sviluppare sistemi intelligenti, d’altro canto, non è del tutto nuova, ma ha alle spalle una storia lunga quasi mezzo secolo. È con la rivoluzione informatica tuttavia che da semplice teoria tale ipotesi si è trasformata in realtà e negli ultimi anni sono stati compiuti importanti passi in avanti. Alcuni studenti dell’Università di Toronto, ad esempio, sono riusciti a sviluppare un software capace di determinare quali siano gli elementi che con maggiore probabilità rappresentano la soluzione ideale nello sviluppo di nuovi farmaci, analizzando i legami tra gli stessi e la struttura di medicinali già realizzati in passato. Compiere progressi nel campo dell’intelligenza artificiale vuol dire quindi poter migliorare diversi altri settori, più o meno legati all’informatica, potendo applicare tali strumenti potenzialmente ad ogni campo.
Ma fino a che punto può spingersi un sistema che, seppur intelligente, è sempre artificiale? A questa domanda hanno provato a dare una risposta i ricercatori dell’IDSIA, un centro di ricerca sull’intelligenza artificiale attivo nella città di Lugano, nella Svizzera Italiana. Nei laboratori dell’istituto è stato messo a punto un sistema in grado di identificare automaticamente segnali stradali ed in una gara con alcuni esperti tedeschi è riuscito a fare meglio dei rivali in carne ed ossa: dei 50 mila segnali mostrati, il 99,46% di essi è stato correttamente riconosciuto dal software, mentre l’uomo non è riuscito ad andare oltre il 99,22%.
L’intelligenza artificiale può dunque aprire nuove finestre di opportunità, le quali potranno essere sfruttate in svariati settori. Lo scorso mese, ad esempio, Richard Rashid di Microsoft ha illustrato al pubblico un software di riconoscimento vocale che non solo è riuscito a comprendere perfettamente ogni singola parola, trascrivendo il discorso in formato digitale, ma ha anche dimostrato le proprie capacità dal punto di vista dell’interpretazione, traducendo il tutto in Cinese Mandarino e simulando la voce di Rashid, il quale non ha mai parlato prima tale lingua.
Gli ostacoli da superare nel mondo dell’intelligenza artificiale sono tuttavia ancora molti e prima di una vera e propria svolta rivoluzionaria sarà necessario attendere ancora a lungo. I miglioramenti compiuti nel settore lasciano però ben sperare per il futuro: un futuro nel quale, forse, le macchine potranno sostituirsi all’uomo non solo in lavori manuali, ma anche intellettuali, potendo prendere decisioni in maniera autonoma e consapevole.