Le polemiche sul P2P, complici decreti avventati e discutibili, rischiano di
far perdere di vista quello che è il punto centrale di una questione ben
più ampia: la gestione dei contenuti e la protezione della proprietà
intellettuale nel mondo digitale. Accanto a P2P, dunque, faremmo bene a memorizzare
un altro acronimo: DRM (Digital Rights Management). Si tratta, come molti
sanno, di quei sistemi in grado di proteggere i diritti di copyright su un’opera
impedendone usi non consentiti nella licenza d’acquisto. Il caso più celebre
legato ad un sistema di DRM è forse quello del DeCSS, il software
in grado di eliminare le limitazioni imposte dal Content Scrambling System sui
DVD.
La questione è spinosa ed è certo che sarà sempre più
al centro di infinite discussioni e dispute legali. Ci sono, infatti, due tipi
di aspettative legittime che vengono in qualche modo a collidere. Da una parte
l’utente che vorrebbe poter godere liberamente e senza limitazioni del bene che
ha acquistato; dall’altra l’industria dell’entertainment che intende usare il
DRM come arma anti-pirateria.
Qui non intendiamo proporre ricette o soluzioni. Quella che segue è
una semplice rassegna degli ultimi fatti rilevanti legati a questo tema. Un modo
per consentire a tutti di farsi un’opinione e per tentare di capire quello che
ci aspetta negli anni a venire.
iTunes Music Store è emerso in questi mesi come l’alternativa
legale e di successo al tradizionale file-sharing. Uno dei punti più contestati
sin dall’esordio del servizio è stato il meccanismo di DRM denominato FairPlay.
Una canzone acquistata su iTunes può essere trasferita e riprodotta su
un numero illimitato di iPod o CD, mentre può essere eseguita solo su 3
computer ‘autorizzati’. Nei giorni scorsi ha fatto la sua comparsa su SourceForge,
PlayFair
un tool che consente di ‘craccare’ la protezione consentendo così la sua
riproduzione dei brani su qualunque computer. È un colpo duro, certamente,
ma non inaspettato. Tutti gli esperti concordano sul fatto che non esiste un sistema
a prova di crack.
Uno dei gadget più di moda in America negli ultimi mesi è il
TiVo.
È uno dei tanti sistemi di DVR (Digital Video Recording) basati
su hard disk dove è possibile registrare fino a 140 ore di video. Uno degli
sviluppi futuri di questi box, sarà l’abbinamento ad un DVD Recorder. Ovvio:
prima o poi si deve fare spazio su quel disco e cosa c’è di meglio che
salvare il tutto su un supporto capiente e di qualità? La cosa non è
vista con favore dai lobbysti dell’industria dei media, che stanno facendo di
tutto per far introdurre ai produttori sistemi di protezione. Per esempio, legare
la riproduzione del DVD al numero seriale del box interattivo, impedendone così
la visualizzazione su altri sistemi.
A partire dal 1 luglio 2005 ogni apparecchio televisivo venduto negli Stati
Uniti dovrà essere dotato di un piccolo circuito elettronico in grado di
verificare il flusso di dati che arriva via cavo o satellite. Il circuito, in
particolare, dovrà controllare la presenza in quei dati di una sorta di
codice di protezione (il cosiddetto broadcast flag). Quando l’apparecchio
identifica il codice, impedisce l’uscita del segnale in formato digitale. Significa,
per dirne una, che la registrazione può avvenire solo su nastro o su tipi
particolari di DVD a ‘bassa risoluzione’. L’intervento di associazioni come il
Center for Democracy & Technology ha fatto sì che venissero eliminati
dal provvedimento gli elementi più ‘punitivi’ per i consumatori.
Microsoft sta per fare il grande salto nel mercato della musica digitale
a pagamento. Nel contempo ha sviluppato una tecnologia di DRM, Janus, che
introdurrà un sistema di controllo assolutamente rivoluzionario. È
pensato per servizi di download musicali basati sul modello dell’abbonamento.
Pago 10 Euro al mese, scarico quanto voglio, trasferisco tutto su un lettore MP3,
ma appena Janus (che sarà ovviamente presente su questi lettori e apparecchi
simili) si accorge che non ho rinnovato l’abbonamento, la canzone non viene più
eseguita. In pratica, scade. Molti scommettono che questo sistema sia molto più
remunerativo di quello di iTunes, basato sull’acquisto di singole canzoni o album.
Vedremo.
Per finire, quella che ci sembra la proposta più interessante. Viene
da Leonardo Chiariglione, l’ingegnere torinese fondatore di MPEG. Quasi
un anno fa ha fondato il Digital Media Project, con l’obiettivo di giungere alla
creazione di un nuovo standard universalmente adottato per il video e l’audio
digitale. Significherebbe dire addio alle incompatibilità tra sistemi diversi
generati dall’adozione di DRM proprietari. Il nuovo formato dovrebbe incorporare
meccanismi ‘flessibili’ per la gestione dei diritti di copyright, tentando di
coniugare i diritti dell’utente e le esigenze dell’industria. Un sogno? Forse,
visto che i segnali provenienti dalle aziende sembrano andare in direzioni diverse.
Ma vale la pena provarci.