Workstation ridefinita
Tanto di cappello ad Apple per aver presentato una workstation grafica spettacolare sotto ogni punto di vista come il nuovo Mac Pro. È veramente difficile rimanere indifferenti nei confronti di un computer dal design che unisce, in maniera mirabile, originalità e anticonformismo. Chi avrebbe mai pensato di progettare una workstation a foggia cilindrica, e soprattutto chi avrebbe potuto farlo in anni in cui i PC tradizionali stanno vivendo una crisi che nera è dir poco? Solo Apple, che ormai ha nel DNA la capacità di ripensare e rivoluzionare – e con successo – ogni settore dell’IT e della telefonia.
Gli smartphone iPhone, i tablet iPad, i portatili MacBook ne sono testimoni, senza dimenticare la prima vera rivoluzione, quella della musica portatile con gli ormai mitici iPod. Per finire la (meritata) sviolinata alla mela morsicata, tutti gli altri competitor che si sono cimentati in questi ambiti, hanno dovuto seguire la strada da essa tracciata, nel bene e nel male.
Tornando all’Apple Mac Pro, il nuovo oggetto del desiderio per tutti i professionisti creativi si è fatto attendere e non poco, con una lacuna nella gamma Apple colmata anni dopo l’ultima proposta. Addirittura, complice anche una crescita esponenziale della domanda del mondo consumer e mobile, i vertici di Apple – Steve Jobs in primis – avevano pensato di eliminare la linea Pro dedicata, per l’appunto, a chi usa i PC per lavorare.
Il progetto del nuovo Mac Pro è stato svelato a metà 2012 e, a differenza di tutti gli altri prodotti del brand i Cupertino, questa volta non ci sono state fughe di notizie – volute o meno – nei mesi immediatamente precedenti. Così la segretezza e la conseguente aria di mistero sono rimaste intatte sino alla fine e la nuova workstation Apple ha lasciato tutti a bocca aperta, sia per il design innovativo, sia per la costruzione rigorosamente Made in USA, in una nuovissima factory texana.
Design controcorrente
Apple punta a un bersaglio ben preciso: rivitalizzare una nicchia dell’IT che appare sempre più atrofizzata e poco stimolante, soprattutto per chi deve produrre soluzioni per i professionisti. Ha dunque operato nell’unico modo possibile: reinventare la workstation, facendola rinascere dalle sue ceneri e sfruttando, in parte, l’esperienza maturata con il poco apprezzato Mac Mini.
Quindi abbiamo un approccio concettuale molto rigoroso, sia per forme esterne sia per costruzione interna. Il risultato è un computer che non lascia indifferenti e fa parlare di sé sin dal primo istante: subito si è colpiti dalla sua estetica avveniristica e poi, scendendo nel dettaglio, dal lavoro compiuto per ottimizzare lo spazio interno.
Anche per il Mac Pro, se non si era ancora capito, tutto ruota intorno al design. E come è avvenuto con il Mac Mini, questo Mac Pro attira in egual misura elogi e critiche.
Ma cosa cela la workstation Apple al suo interno? È un cilindro di alluminio estruso, al cui interno troviamo tre schede collocate simmetricamente, e su cui sono alloggiati la CPU, la RAM, due GPU e l’unità di archiviazione su drive flash PCI Express. Il raffreddamento è a carico di un dissipatore magistralmente collocato al centro, a sezione triangolare e che corre per tutta la lunghezza del magnifico chassis cilindrico.
Cuore potente
Due sono le configurazioni di base per il nuovo Mac Pro, proposte a rispettivi prezzi di partenza di € 3.049 e € 4.049 IVA inclusa.
L’entry-level, anche se fa specie usare questo termine, considerata la potenza di calcolo già elevatissima, poggia su un processore Intel Xeon E5 quad-core (3,7 GHz, 10 MB cache L3), 12 GB di RAM ECC DDR3 a 1.866 MHz, due GPU AMD FirePro D300 ognuna con 2 GB di VRAM GDDR5 e per finire un’unità flash PCI Express da 256 gigabyte. La configurazione high-end differisce per il processore Xeon E5 a sei core (3,5 GHz, 12 MB cache L3), per i 16 GB di RAM e per la coppia di GPU FirePro D500 ognuna con 3 GB di VRAM.
Ma la nuova workstation Apple sembra non avere limiti, potendo spingersi sino all’incredibile configurazione che prevede un processore Xeon E5 da 12 core con 30 MB di cache L3 condivisa su un unico chip, 64 GB di memoria, doppia GPU FirePro D700 con 12 GB di memoria totale e un terabyte di unità flash PCIe.
Un aspetto non trascurabile, poi, è la relativa facilità nell’accedere (e quindi aggiornare e/o sostituire) ai componenti interni – RAM, flash drive, CPU.
Spostandoci dall’espandibilità alla connettività, il Mac Pro continua a fare sul serio: si possono collegare sino a tre display 4k o sei monitor tramite interfaccia proprietaria Thunderbolt 2, non mancano una HDMI 1.4 Ultra HD, quattro USB 3.0 e due porte Gigabit Ethernet. Le sei porte Thunderbolt 2 meritano un breve ma fondamentale approfondimento, rischiando di passare inosservate: ognuna permette di collegare sino a sei periferiche esterne in serie, fino a 36 dispositivi in totale, con ognuno di questi che può godere di 20 GB/s per larghezza di banda. Possiamo veramente parlare di performance senza compromessi, sotto ogni punto di vista.
Non ci resta che chiudere con la connettività wireless, che prevede il supporto di Bluetooth 4.0 e di reti Wi-Fi di ultima generazione (802.11ac).
Espandibilità esterna
Prima di parlare di performance bisogna dedicare il giusto spazio a una scelta tecnica che può apparire, a ragione, controversa, in altre parole obbligare o quasi il ricorso a unità di memorizzazione esterna per l’archiviazione del proprio lavoro. La scelta è radicale, discostandosi da quella attuata sulla precedente generazione di Mac Pro, in cui potevamo arrivare sino a 8 TB (su quattro hard disk) di capacità di memorizzazione interna, mentre ora si parte da “soli” 256 GB per arrivare a un massimo di un terabyte. La scelta è radicale anche per la tipologia di unità di archiviazione, dagli HD tradizionali ai drive PCIe, capaci di surclassare anche i più veloci SATA per velocità (1,2 GB/s contro 500 Mb/s).
Considerato l’elevatissimo costo al gigabyte delle unità PCIe, l’utente è naturalmente invogliato a scegliere il taglio minimo – al massimo quello intermedio da 512 GB – per la capacità di archiviazione interna, così come è aiutato in questa scelta dall’usuale stoccaggio di dati e progetti condivisi su server, unità di rete o comuni drive esterni (USB 3.0 se si vuole risparmiare e/o recuperare quelli già in uso). Resta il fatto che chi punta a una configurazione RAID – per sicurezza e performance – deve per forza optare per una soluzione esterna, dal costo elevato (si parte da circa 1.500 euro) ma che porta in dote una grande flessibilità: infatti, può essere collegata via Thunderbolt 2 a diverse postazioni di lavoro.
Performance silenziose
Il comparto hardware stellare del Mac Pro lavora a braccetto con il sistema operativo OS X Mavericks, con una fluidità operativa e un piacere nei task più comuni che non ha eguali al momento, e su cui non ci dilunghiamo. Come da consuetudine, troviamo preinstallate le suite Apple per la multimedialità creativa e per quella personale (da iMovie a Pages passando per GarageBand e Keynote), che permettono di apprezzare subito tutta la potenza messa a disposizione, ma è solo con gli strumenti professionali che si può spingere a fondo il piede sull’acceleratore.
Sin dai primi istanti di utilizzo, quello che colpisce è, però, l’estrema silenziosità del Mac Pro, così come siamo abituati a workstation dai rumorosi dissipatori in funzione sotto pieno carico. Questo è merito sia del design con ampio dissipatore interno sia dell’architettura uniforme sui vari allestimenti – sempre un solo processore multi-core e GPU doppia – che, come conseguenza, porta a consumi più contenuti. Da questo punto di vista, il nuovo Mac Pro è paragonabile a una fuoriserie ecosostenibile.
È comunque in ambito grafico che si ottiene il meglio, potendo contare su un’elevatissima potenza di calcolo che, dati alla mano, permette di elaborare sino a 16 flussi 4k e di applicare effetti senza perdita di frame e sempre in tempo reale. L’eccellente potenza di calcolo si riflette anche sul pieno supporto delle specifiche OpenCL per avere performance al massimo in ogni situazione (al momento il numero di applicazioni ottimizzate per sfruttare al meglio l’hardware a disposizione è comunque migliorabile).
C’è poi il supporto software, un aspetto cruciale di cui Apple è ben conscia, avendo messo a disposizione degli sviluppatori Grand Central Dispatch, che ottimizza l’esecuzione dei processi paralleli su architetture multi-core. In ogni caso, per spremere ogni singolo bit di potenza, Apple ha eliminato ogni possibile collo di bottiglia nell’architettura hardware del Mac Pro, che può contare su un controller DDR3 a quattro canali che supporta sino a 64 GB di DRAM, con una larghezza di banda di 60 GB il secondo.
In sintesi, non si registrano solo valori stratosferici nei benchmark sintetici, ma anche e soprattutto dei risultati tangibili nelle reali condizioni di lavoro, dall’editing fotografico professionale, all’elaborazione di flussi video 4k, passando per il rendering 3D.
Conclusioni
Tutta questa potenza e flessibilità ha un prezzo, ovviamente, che sale e non poco soprattutto quando si vuole espandere la capacità di archiviazione interna o si vogliono implementare soluzioni RAID esterne, come anticipato.
Dopo un’iniziale scoraggiamento, ci si accorge che, realizzando configurazioni analoghe, la concorrenza diventa addirittura meno competitiva, in particolare se si vuole replicare il pacchetto base.
Al momento il nuovo Mac Pro offre al professionista creativo un pacchetto hardware e software quasi ineguagliabile per performance, stabilità ed espandibilità.
La mossa di Apple appare nel complesso azzardata, anche perché bisogna considerare le spese aggiuntive per monitor 4k, applicativi e unità di backup, tuttavia, anche se difficilmente l’Apple Mac Pro risolleverà le vendite e il fatturato di un comparto di mercato sempre più sofferente, una cosa è certa: il nuovo paradigma nel mondo delle workstation grafiche non lascerà indifferenti né gli utenti né concorrenti.