Red Hat: basta con i brevetti sul software

La proposta è stata da poco inoltrata alla Corte Suprema statunitense, impegnata nell'analisi di un caso giudiziario legato ai brevetti. Red Hat propone di stabilire nuove regole per i brevetti legati al software, le attuali limitano l'innovazione
Red Hat: basta con i brevetti sul software
La proposta è stata da poco inoltrata alla Corte Suprema statunitense, impegnata nell'analisi di un caso giudiziario legato ai brevetti. Red Hat propone di stabilire nuove regole per i brevetti legati al software, le attuali limitano l'innovazione

Abolire i brevetti legati al software. La proposta è stata inoltrata da Red Hat, uno dei principali distributori di applicativi open source su scala globale, alla Corte Suprema degli Stati Uniti impegnata nell’analisi di una controversia su alcuni brevetti tra Bernard Bilski, Rand Warsaw e il sottosegretario al Commercio e responsabile dello US Patent Office, David Kappos. Secondo il distributore, il momento potrebbe essere propizio per rivoluzionare il comparto e modificare le attuali politiche legate ai diritti sul software.

Circa un anno fa, una Corte Federale ha formulato il proprio verdetto sul caso Bilski riconoscendo che le idee astratte non possono essere di fatto brevettate. La Corte ha messo in evidenza la necessità di dover elaborare una serie di test utili per determinare con chiarezza se un determinato processo possa essere brevettato. Sempre secondo i magistrati che si sono espressi sul caso, tali test devono dimostrare che il processo per il quale viene richiesto un brevetto sia legato a una particolare macchina o apparato o che sia in grado di «tramutare un particolare articolo in una cosa differente».

«Il nostro sistema per i brevetti dovrebbe promuovere l’innovazione, ma per l’open source e il software in generale, fa l’esatto opposto. […] I brevetti legati al software creano un campo minato che rallenta e disincentiva l’innovazione del software. Il caso Bilski costituisce una grande opportunità per la Corte Suprema per porre rimedio a questo problema» ha dichiarato Rob Tiller, assistant general counsel di Red Hat, confermando di aver inoltrato alla Corte un amicus curiæ , un documento contenente informazioni giuridiche fornito da un soggetto non coinvolto direttamente nell’azione legale in esame da parte dai magistrati.

Secondo Red Hat, la Corte Suprema dovrebbe esprimersi in favore di Bilski e Warsaw, rendendo di fatto possibili solamente i brevetti sulle macchine e i processi e non direttamente sul software. «Al momento ci sono centinaia di migliaia di brevetti legati a soggetti astratti e decine di migliaia di nuovi brevetti vengono approvati ogni anno per software e procedure di business che erano stati precedentemente rifiutati» sostiene Tiller nella propria argomentazione, ricordando come un tale flusso di brevetti renda praticamente impossibile l’identificazione per tempo di una eventuale violazione da parte di un nuovo applicativo. Secondo Tiller, questa condizione comporta un sensibile rallentamento nella produzione di nuove soluzioni software e disincentiva l’innovazione.

«Mentre non abbiamo ancora vinto, Red Hat continuerà a battersi per una migliore tecnologia e per una migliore innovazione» ha dichiarato Jim Whitehurst, presidente e CEO di Red Hat, confermando l’impegno della sua società per slegare la logica dei brevetti dal software. Una condizione che ha da sempre comportato non pochi problemi per la comunità open source e che ha dato vita a celebri contenziosi, come dimostrato dalla storia recente con Microsoft. Anche la decisione di Eloas di sfidare alcuni grandi protagonisti dell’informatica come Google, Apple, Sun Microsystems e Adobe dimostra quanta importanza abbiano assunto le querelle legate ai brevetti nel comparto dell’informatica e quanto sia complessa la materia sulla quale Red Hat propone di avviare una riforma.

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