Il governo britannico intende porsi con sempre maggior fermezza di fronte alla pirateria e con questo obiettivo ha intrapreso una decisa iniziativa: aumentata la pena massima per chi viola la proprietà intellettuale. I sudditi della regina non rischiano più, male che vada, 5.000 sterline, ma ben 50.000 (cioè circa 56.500 euro).
La decisione è stata presa dall’Intellectual Property Office (IPO) dopo essersi consultato con l’associazione degli editori, quella dei discografici e l’alleanza contro il furto di proprietà intellettuale. La questione presentata riguardava in che maniera aumentare la pena, cioè se lasciarla uguale, se aumentare solo quella per violazione di copyright o se aumentarla per qualsiasi violazione. Alla fine ha prevalso la terza opzione e quindi, raggiunto un accordo, spetta ora al governo trovare le modalità per rendere esecutiva questa indicazione.
Molte delle motivazioni per un simile cambiamento sono relative all’ordinamento britannico. Nel Regno Unito infatti quando si parla di proprietà intellettuale non si fa differenza tra produzione individuale e in larga scala, dunque la pena per chi infrange la legge per sè e per chi lo fa industrialmente è la medesima. Tanto che molti tra i consulenti sono rimasti delusi dal fatto che la IPO non avesse inserito tra le opzioni anche pene detentive.
Proprio su tale cavillo si è scatenato Jim Killock, funzionario Open Rights Group (ORG): «Quello che è ormai evidente è come ci sia un vero bisogno di separazione tra chi viola la proprietà intellettuale senza trarne profitto e le gang di criminali professionisti», sottolineando come mischiare le due entità sarebbe nocivo anche per la stessa IPO. Dall’altra parte Iain Connor, esperto in proprietà intellettuale sostiene che «Aumentare le pene ha l’unico scopo di perseguire i criminali, nessuno arresterà i ragazzi».