Anche il Regno Unito vuole una Google Tax. A scanso di equivoci: Google non è certo l’unica azienda colpita, poiché il provvedimento mette nel mirino tutte le multinazionali che hanno spostato la propria sede in stati con un fisco dal pugno meno duro. Da sempre questo tipo di provvedimenti ha però preso il nome di “Google Tax” poiché Google è tra i gruppi più esposti in virtù delle sue attività capillarmente presenti in tutto il mondo e fiscalmente dislocate invece soltanto in poche, favorevoli, sedi.
Il Regno Unito promette di mandare in esecuzione la nuova normativa (denominata “Diverted Profit Tax“) entro il mese di aprile. Il 2015 sarebbe dunque l’anno in cui anche oltre Manica ci si allinea al sentimento che si fa largo in tutta Europa contro il trattamento agevolato di cui le multinazionali hanno potuto godere fino ad oggi. L’annuncio appare al punto 12 dell'”Autumn Statement 2014” emanato dal governo USA: George Osborne, Cancelliere dello Scacchiere (ossia il ministro con delega alle finanze) ha puntato il dito dritto contro il cosiddetto “double Irish” senza lasciar margini di interpretazione. Ed ha quindi fissato i nuovi paletti: le multinazionali che operano nel Regno Unito pur avendo sedi altrove, vedranno tassati i profitti conseguiti nel Regno Unito con una percentuale del 25%.
Oggi introduco una tassa del 25% sui profitti generati dalle multinazionati tramite attività economiche qui nel Regno Unito che loro allocano artificialmente in altre nazioni. Non è giusto nei confronti dei gruppi britannici. Non lo è nemmeno nei confronti della gente britannica. Oggi mettiamo fine a questo.
L’obiettivo è chiaro e condiviso da molti paesi: recuperare parte del denaro che le multinazionali drenano al fisco europeo (pur agendo semplicemente all’interno di norme che non vietano in alcun modo tale comportamento). In tempo di vacche magre l’Europa vuol mungere altrove, facendo propri almeno i frutti di chi viene a brucare sul mercato del vecchio continente: il passo del Regno Unito potrebbe essere un’ulteriore spinta verso una azione europea comune, unico vero sbocco per una situazione che non può certo trovare soluzione se si lasciano gli stati agire in solitaria autonomia.
Può il Regno Unito applicare realmente la “Google Tax” promessa? I problemi a livello di eseguibilità non sono certo pochi, ma la decisione con cui Osborne ha sbandierato i propri intenti lascia supporre una strategia in grado di recuperare almeno in parte quanto auspicato.
Il mio messaggio è forte e chiaro. Meno tasse; ma tasse che pagano tutti. […] La nuova Diverted Profits Tax raccoglierà oltre 1 miliardo di sterline entro i prossimi 5 anni.
La cifra non appare particolarmente esosa se spalmata sulle molte multinazionali coinvolte e se si proietta il tutto su un arco temporale di un lustro. Un incipit che fa l’occhiolino ad una reazione UE, insomma, più che una azione concreta contro l’elusione del “Double Irish” La mossa del Regno Unito appare dunque soprattutto politica, una sorta di dichiarazione di intenti che può significare molto sul quadro europeo: un messaggio che Parlamento e Commissione Europea sono invitati a raccogliere.