Cos’hanno la realtà virtuale e il marketing in comune? Un elemento fondamentale: il coinvolgimento. In particolare, una lo offre e l’altro lo cerca, portando così ad un potenziale incrocio le cui conseguenze sono del tutto prevedibili, ma ancora tutte da espletare. Il recente Mobile World Congress, ove i nuovi visori VR hanno avuto ruolo da protagonisti assoluti, ha posto in ulteriore evidenza quanto già oltremodo chiaro: la realtà virtuale consente di creare ambienti controllati, messaggi pilotati, esperienze personalizzate e dar così vita alla necessaria alchimia per fare esplodere il coinvolgimento su brand, servizi o prodotti.
Orange Media Lab, digital agency milanese, non fa altro che confermare questa tendenza tagliando i nastri alla prima “Virtual Reality Company” denominata Rekall VR. Un intero dipartimento del team Orange lavorerà d’ora innanzi allo sviluppo ed alla commercializzazione di contenuti ed “esperienze” totalmente immersive, basate su stereoscopia e immagini a 360 gradi. Questo è infatti l’obiettivo primo dello sfruttamento della realtà virtuale, oggi disponibile a chiunque possegga un visore o più semplicemente uno smartphone di nuova generazione: creare una esperienza coinvolgente che, in quanto tale, è in grado di far comunicare un brand con il sostrato emotivo dell’utente, bypassandone in qualche modo sforzi concettuali quali la lettura o l’interpretazione. Nella realtà virtuale non occorre leggere, né capire, né immaginare: è sufficiente “vivere” l’esperienza, lasciandosene circondare e immergendovisi.
L’anima creativa di Orange, unita all’esperienza in termini di proposizione e realizzazione di contenuti efficaci in ambito digital, fa si che Rekall VR non sia solo un laboratorio di produzione di video in stereoscopia, ma che il concetto di “realtà virtuale” venga trattato in tutto e per tutto come “esperienza” in grado di trasportare l’utente attraverso un percorso comunicativo, con lo stesso obiettivo dell’ADV tradizionale, ma con un efficacia in termini di fruizione dell’esperienza stessa totalmente all’avanguardia.
Rekall è oggi vera e propria avanguardia nell’ideazione e produzione di questo tipo di contenuti, scommettendo in ciò per le potenzialità che potranno essere espresse nel futuro prossimo venturo. Cosa può fare una digital agency per la realtà virtuale? Molto, e il vantaggio è reciproco. Oggi, infatti, il concetto di VR è composto di regole e tecnologia, protocolli e device, ma ancora manca l’esplosione creativa che possa portare all’applicazione di questi ingredienti in ricette di qualità. Rekall già collabora con grandi realtà a livello internazionale (il lancio del Galaxy S7 con Samsung ne è la prima dimostrazione) e la dimostrazione del 10 marzo in piazza Gae Aulenti a Milano (con guest come Andro dei Negramaro e FatBoySlim) è antipasto di quello che la nuova divisione intende andare a sviluppare.
Dall’automotive al mondo della musica, dal turismo al real estate: la realtà virtuale è applicabile (e non si tratta soltanto di un facile gioco di parole) a 360 gradi: nuova tecnologia da cui nascono nuove potenzialità espressive, da cui conseguono nuovi linguaggi e nuove regole. La sperimentazione necessaria porterà le avanguardie presto in vantaggio rispetto al mercato, poiché la nascita di un nuovo medium impone lo sviluppo di tecniche, protocolli e professionalità ad hoc.
Il mondo del marketing, insomma, necessita di nuovi modelli con cui rispondere a questa nuova opportunità: Rekall VR è la risposta ad una domanda che è già nata, poiché ogni brand ha fin da oggi stretto interesse a capire come esplicitare la propria presenza in mondi virtuali ancora tutti da inventare. A differenza della carta stampata o dei social media, la realtà virtuale porterà in seno importanti difficoltà tecniche che soltanto strutture di alto profilo sapranno superare: strumentazioni, tecnici, progettualità e post-produzioni avranno paritetica importanza nella definizione dei prodotti sviluppati, scavando presumibilmente un immediato gap qualitativo tra l’improvvisazione e l’applicazione metodologica di nuove (e a molti ignote) regole del gioco.