«Persino nel 2009, annus horribilis, il settore delle telecomunicazioni ha sostanzialmente tenuto». La relazione del Presidente AGCOM Corrado Calabrò presso la Camera dei Deputati inizia con una nota di incoraggiamento, un motto di positività all’interno di una relazione piena di snodi problematici. Le comunicazioni reggono perchè le comunicazioni sono il futuro, ma il presente risulta quanto mai soggiogato agli errori del passato: la relazione affronta tutto ciò ed estende l’analisi dell’autorità garante su una moltitudine di aspetti sui quali la Rete ha forte e diretta incidenza.
A partire dall’editoria: «L’editoria, specie quella quotidiana, rappresenta ancora il secondo mezzo di diffusione dell’informazione, e, quindi, un forte presidio per il pluralismo. Ma la lettura dei quotidiani è in strutturale diminuzione e nulla è avvenuto in questo anno per incentivarla. Non c’è stato recupero di risorse pubblicitarie dei giornali da internet, nel quale invece crescono le risorse attratte dai motori di ricerca. I principali giornali ormai integrano la versione cartacea con i servizi online, che vengono aggiornati continuamente. […] La rete non cancella l’industria del giornalismo; la cambia. È essenziale che la funzione del giornalista non venga meno; il giornalista ha un compito informativo indeclinabile e non sostituibile dal flusso di notizie che scorre nella rete. Le nuove applicazioni tecnologiche (e-readers o tablet-pc, come l’iPad) sono un’occasione per riavvicinare i giovani alla lettura dei giornali e dei libri; può esserci una nuova stagione per la lettura, in un nuovo formato».
Secondo punto importante nella presentazione di Calabrò è relativa al futuro digitale, al «pensare digitale» del quale l’Italia è in grado di costruire preziosi teoremi senza poi riuscire a mettere in pratica quanto teorizzato: «Ancora una volta noi abbiamo prefigurato prima degli altri la realtà in divenire, ma poi questa ha sorpassato la nostra capacità realizzatrice. Le telecomunicazioni sono nella più grande fase di trasformazione da 70 anni in qua. Finora il servizio in voce ha fornito il 70% dei ricavi e parte preponderante degli utili, ma i volumi di traffico in rete crescono vigorosamente ogni anno, anche in un sistema-Paese ancora poco digitale qual è il nostro. La rete attuale presenta ormai molteplici situazioni di saturazione sia per la rete fissa che per quella mobile». E continua: «Il futuro presuppone l’ultra banda, le reti di nuova generazione in fibra ottica con capacità di trasmissione sopra i 50 Mbit/s. Ma gli stessi dati che ci vedono ai primi posti in Europa sul fronte dei prezzi dei servizi tradizionali e della concorrenza infrastrutturata, ci classificano sotto la media UE per diffusione della banda larga».
La bacchettata giunge anche al mondo dell’e-commerce, nel quale l’Italia ancora una volta dimostra pesanti difficoltà: «Il nostro Paese è il fanalino di coda nel commercio e nei servizi elettronici. Le nostre imprese vendono poco sul web; la quota di esportazioni legate all’ICT è pari al 2,2% e relega l’Italia al penultimo
posto in Europa»
«Se l’Italia vuole essere on line deve rimuovere le remore mentali e azzerare i balzelli digitali. Su questo tema devono collaborare le Autorità di settore (AGCM, AGCOM, Banca d’Italia) e il Governo». Dall’AGCOM giunge al tempo stesso un pesante monito a quel medesimo approccio che Telecom Italia ha da sempre portato avanti per motivare l’assenza di investimenti a fronte di una carenza della domanda: «Il ragionamento secondo logiche passatiste, per cui bisognerebbe creare le condizioni della domanda prima di investire in nuove infrastrutture, riduce all’immobilismo. Per le nuove tecnologie, i percorsi di creazione e stimolo di domanda e offerta vanno di pari passo. In un ecosistema ogni singola parte cresce con il tutto; è una visione olistica delle reti e delle relazioni che si sviluppano».
Ma gran parte della relazione è concentrata sulla Banda Larga, punto preminente dell’analisi dell’autorità poichè identificata come la condizione unica e fondamentale affinché tutto il resto possa essere portato a compimento. Attorno a questo problema ruota tutto il pensare digitale dell’Italia e degli italiani, ma è questo un punto critico sul quale il paese si sta giocando una sostanziale fetta del proprio futuro: «Per realizzare una rete in fibra ottica ci vogliono dai quattro agli otto anni. Bisogna dunque pensarci oggi. Perché domani l’oggi potrebbe essere ormai, irrecuperabilmente, l’ieri».