Ieri in tv, oggi sul Web: la puntata di Report di ieri sera, domenica 10 aprile, fa discutere per il modo in cui la trasmissione di Milena Gabanelli ha affrontato l’argomento della privacy online, del rapporto tra utenti e social media e della sicurezza dei nuovi sistemi di condivisione di informazioni sul Web.
“Condividi” e “connetti” sono le parole del momento su tutte le piattaforme sociali: Facebook, Youtube, Twitter, Foursquare, LinkedIn… Ce ne sono ormai a decine e anche chi aveva delle remore si sta iscrivendo. Tra gli Italiani che vanno su internet, 1 su 2 usa Facebook e il suo fondatore Mark Zuckerberg a 26 anni si è fatto un gruzzolo di 7 miliardi di dollari. Anche Larry Page e Sergey Brin avevano 26 anni quando hanno fondato Google e oggi si son messi da parte 15 miliardi di dollari a testa. E’ una nuova corsa all’oro nel Far West digitale.
L’argomento, secondo la critica, sarebbe stato affrontato in modo vago, partendo dai social network per arrivare ai motori di ricerca e seguendo come unico fil rouge il guadagno che i grandi gruppi del Web riescono ad ottenere lavorando sugli utenti, sulle loro identità e sulle loro attività. L’analisi firmata da Stefania Rimini passa per Facebook, YouTube, Twitter, Foursquare, Google ed altri ancora, giungendo in seguito ai problemi dello spam e del malware. Il tutto, però, in una commistione spesso non chiara che ha gettato sulla rete un velo nebuloso di sicuro pericolo per un paese come l’Italia ove l’alfabetizzazione informatica è bassa e dove non si perde occasione per urlare allo scandalo quando al centro dell’attenzione v’è il Web.
Vago o necessariamente vasto? Superficiale o necessariamente generale? La polemica del giorno dopo si divide su questa dicotomia, tra chi considera “leggero” il modo con cui si sono affrontate certe argomentazioni e tra chi considera invece del tutto legittimo il tentativo del reportage di illustrare (rinunciando ai particolari) un intero contesto per renderne l’idea di fronte ad un pubblico spesso ignorante in materia.
La puntata di Report ha un merito sicuro: portare il dibattito sui social media al di fuori del Web, costringendo una nuova utenza a confrontarsi con i pericoli del Web per trarne maggior consapevolezza. La puntata ha però anche un altro lato della medaglia: il modo didascalico con cui le varie argomentazioni vengono affrontate diventa una vera e propria lezione su come funziona la Rete, il che può spaventare più che istruire.
Meglio esporsi come raccomandano i californiani o vivere nascosti come raccomandava Epicuro 2300 anni fa e oggi Wikileaks?
A distanza di poche ore la puntata sta continuando su Twitter, ove l’hashtag #report la fa da padrona, su Facebook e su vari blog. I giudizi sono disparati, ma in linea generale chi respira la rete ogni giorno ha espresso opinione negativa su quanto accaduto nella puntata di Report che di rete si è occupato. Su Facebook Report ha una pagina propria, ed anche qui i commenti stanno piovendo con opinioni discordanti sul modo in cui l’argomentazione è stata affrontata.
Il “modo”, del resto, è importante poiché la trasmissione dialoga su un media mainstream con un’utenza in molti casi lontana dalle dinamiche della Rete. Le parole del report hanno parlato pertanto con un’utenza non alfabetizzata, usando codice ed argomentazioni che l’utenza più smaliziata potrebbe non aver gradito. Rimane però la bontà di un “contagio”, il merito di una trasmissione che ha portato l’argomento in prima serata facendo parlare e discutere milioni di italiani. E questo, oggi, è innegabilmente motivo di lode.