Repubblica.it sarà presto a pagamento

Carlo De Benedetti conferma: entro il 2013, Repubblica.it sarà a pagamento introducendo un paywall sul modello del New York Times.
Repubblica.it sarà presto a pagamento
Carlo De Benedetti conferma: entro il 2013, Repubblica.it sarà a pagamento introducendo un paywall sul modello del New York Times.

Repubblica.it sta per compiere il passo più coraggioso: un po’ per scelta, un po’ per principio e un po’ (probabilmente molto) per necessità, entro breve per accedere al sito sarà necessario un esborso monetario e l’attivazione quindi di un profilo a pagamento. L’annuncio giunge da Carlo De Benedetti ai microfoni della trasmissione di Lilli Gruber, Otto e Mezzo, e dilaga immediatamente su Twitter ove l’eco della notizia raccoglie in poche ore molti commenti e non poco sarcasmo.


Indubbiamente trattasi di una notizia destinata ad avere enorme magnitudo sul settore, ma ancora rimane da capire il come ed il perché di una scelta di questo tipo.

Repubblica.it è oggi il maggior riferimento italiano per l’informazione online. L’annuncio, per voce del presidente del Gruppo Espresso, tuona sul settore imponendo immediate riflessioni. Tuttavia De Benedetti rifugge dalla “necessità”, piegando la scelta più su di una mossa strategica precisa per il futuro: «Penso che il futuro sia la carta e il digitale. Le due cose. Indubbiamente la crescita avviene sul digitale, non certo sulla carta. […] Repubblica.it è il primo sito di news in Italia ed ormai il 20% della pubblicità di Repubblica è sul sito. Quindi per noi è una fonte di profitto». E ancora: «penso che nel corso del 2013 diventerà a pagamento sullo schema del New York Times».

Il cosiddetto “schema del New York Times” è stato dettagliato come un accesso gratuito ad un numero limitato di articoli al mese: venti prima, dieci poi, lasciando però soltanto a chi gode di abbonamento a pagamento l’accesso pieno ai contenuti. De Benedetti lascia intendere come la scelta sia destinata ad essere per ora una strategia isolata e non concertata con altri gruppi editoriali: l’editoria è in perdita, ma secondo De Benedetti Repubblica.it ha la forza necessaria per poter fare un ragionamento a sé e per poter intraprendere la strada del paywall con maggior coraggio rispetto alla concorrenza.

Il New York Times ha superato i 500 mila abbonati ed a quanto pare gli investitori stanno gradendo i risultati raccolti. Trattasi del resto di un cambio di prospettiva fondamentale, un nuovo paradigma nel quale “gratis” ed “online” dividono i propri destini per dare il via ad una soluzione terza che in Italia non ha finora ancora mai preso piede. In ballo v’è anche e fortemente il rapporto con Google, oggi lauta fonte di traffico e domani probabile strumento di mera indicizzazione di quel che l’editore vorrà far trapelare pur di attirare utenza verso i propri abbonamenti. A Google sarà infatti lasciato un ruolo di “esca”: i contenuti potranno essere indicizzati soltanto in parte, così da poter continuare a rastrellare utenti in cerca di notizie, soddisfando le ricerche casuali e spingendo verso l’abbonamento chi invece cerca informazione con maggior continuità.

The Times da parte sua sta tentando una via ulteriore: un tablet a prezzo di favore per chi contrarrà un abbonamento, alla stregua di quanto anche Mondadori sta tentando nel nostro paese con il proprio Kobo Arc (ove l’acquisto del device porta in dote alcuni mesi di abbonamento ai prodotti editoriali del gruppo).

L’avvio del paywall su Repubblica.it è destinato a configurarsi come una vera e propria deflagrazione: i click potrebbero traslare verso altre fonti, e di qui la scelta di un avvio progressivo che non urti eccessivamente il lettore allontanandolo dalla notizia. Molti dettagli restano ancora da capire: quale sarà il prezzo dell’abbonamento, quali forme saranno ipotizzate per i vari canali di accesso, quali saranno le limitazioni imposte, quale la gradualità dell’avvio del progetto. Tuttavia, in un paese nel quale i quotidiani soffrono da tempo, la scelta del Gruppo L’Espresso è una scelta coraggiosa e non priva di ampi margini di rischio. Un rischio calcolato, però, soppesato su una miriade di esperienze che all’estero hanno già calcato la via del paywall nella speranza di aver trovato per l’editoria la nuova via di Damasco.

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