Apple ha rilasciato ieri il nuovo report sulla Responsabilità dei Fornitori, un’operazione di trasparenza con cui annualmente l’azienda svela i progressi nella catena dei partner mondiali, soprattutto in termini di dignità lavorativa. Tra i vari traguardi raggiunti nel corso degli ultimi 12 mesi, l’eliminazione del cosiddetto “bonded labour”: una pratica spesso diffusa in Oriente che prevede il dipendenti lavori per estinguere un debito occupazionale.
Per il report sulla Responsabilità dei Fornitori 2015, Apple ha condotto 633 audit relativi a circa 1.6 milioni di lavoratori sparsi in 19 nazioni, completati poi da un’inchiesta su oltre 30.000 operai per comprenderne le condizioni occupazionali. Dai dati emerge come, nel corso del 2014, l’azienda californiana sia riuscita a bloccare la pratica del “bonded labour” fra i fornitori. Negli anni scorsi, infatti, pare che datori di lavoro terzi abbiano offerto un’occupazione sulle linee dedicate alla Mela in base a uno scambio monetario. Questa condizione pare abbia determinato dei casi di vero e proprio sfruttamento, dove il dipendente si è visto sottratto il passaporto fino al completo esaurimento del suo debito. Stando a quanto si apprende, la società di Cupertino ha ora vietato ai partner esteri di ricorrere alla pratica del bonded labour, specificando come l’eventuale fornitore dovrà rimborsare ogni lavoratore costretto suo malgrado a oboli d’assunzione.
Altro grande tema per la Mela, già introdotto nel 2014, è l’eliminazione delle fonti minerarie provenienti da zone di guerra o dove vigono gravi violazioni ai diritti umani. Lo scorso anno l’azienda ha annunciato l’eliminazione di ogni fonte di tantalio provenienti da nazioni in conflitto, dove gruppi armati sfruttano le popolazioni locali per l’estrazione del minerale. Ora 135 fonderie di oro, stagno, tungsteno e tantalio hanno raggiunto i requisiti del Conflict-Free Smelter Program e, non ultimo, altri 64 sono in attesa di verifica. Nel corso dell’anno quattro fonderie non hanno soddisfatto gli standard etici voluti da Cupertino e, di conseguenza, saranno rimossi dalle linee di fornitura.
Migliorano anche le condizioni lavorative degli operai in fabbrica, in particolare con riferimento all’Asia. In merito alla policy delle 60 ore settimanali massime per lavoratore, i fornitori Apple hanno raggiunto un livello del 92% di compliance, con una media mondiale di 49 ore alla settimana. Inoltre, il 94% delle società ha introdotto come richiesto una giornata di riposo per i dipendenti. Sul fronte del lavoro minorile, o comunque sotto ai limiti di legge della nazione d’appartenenza, vi sarebbero stati 16 casi in sei impianti. Il gruppo di Cupertino è intervenuto richiedendo ai partner di occuparsi del reinserimento scolastico dei giovani operai, obbligando al pagamento delle spese d’istruzione nonché dello stipendio mensile che il dipendente avrebbe percepito in fabbrica.
Sul fronte ambientale, infine, Apple prosegue con i grandi traguardi ormai tagliati da diversi anni a questa parte. Dopo il focus sulle energie rinnovabili e pulite dello scorso report, quest’anno l’accento sembra essere sulla protezione delle acque. La società ha esteso il suo Clean Water Program per coprire il 50% di tutto il fabbisogno d’acqua fra i 200 fornitori, con programmi di riuso e utilizzo dei flussi per evitare sprechi di un bene così prezioso, soprattutto in quei paesi dove l’acqua potabile è spesso un lusso.