RIAA, 16 milioni di dollari in spese giudiziarie

Nel solo 2008, la RIAA ha speso 16 milioni di dollari in spese legali nei suoi processi contro la pirateria. Spese del tutto importanti se confrontate con i 391 mila dollari di risarcimenti ottenuti per una delle associazioni più contestate del web
RIAA, 16 milioni di dollari in spese giudiziarie
Nel solo 2008, la RIAA ha speso 16 milioni di dollari in spese legali nei suoi processi contro la pirateria. Spese del tutto importanti se confrontate con i 391 mila dollari di risarcimenti ottenuti per una delle associazioni più contestate del web

Le ultime notizie in materia di processi per pirateria mostrano una situazione di chiaro imbarazzo: secondo il sito Recording Industry vs People, la RIAA avrebbe speso 16 milioni di dollari nel 2008 per pagare i suoi avvocati, riuscendo ad ottenere risarcimenti per soli 391 mila dollari dai presunti pirati informatici.

9.364.901 mila dollari per pagare lo studio Holmes Roberts & Owen, oltre 7 milioni di dollari per Jenner & Block ed infine 1,25 milioni dollari a Cravath Swain & Moore. Si tratta di spese di enorme rilievo, soprattutto se in considerazione dei relativi successi in tribunale. Nel complesso, negli ultimi tre anni, la RIAA avrebbe versato circa 64 milioni di dollari nelle casse degli avvocati e 1.361 mila dollari per le investigazioni.

Si tratta di cifre che faranno sicuramente riflettere: in passato la RIAA è stata aspramente criticata per le metodologie di investigazione spesso al limite, con spionaggi non sempre regolari e con una forte pressione imposta nel rapporto tra le etichette e l’utenza. Sembra inoltre che a poco siano servite anche le campagne di sensibilizzazione degli utenti, completando così l’insuccesso delle strategie intraprese dal gruppo sotto cui si celano i grandi produttori della musica internazionale.

Come fa notare il sito Techeye lo stesso quantitativo di denaro sarebbe bastato per investire in ricerca e per scoprire eventualmente nuovi modelli di mercato in un settore (quello della musica online) che avanza velocemente, ma è ancora troppo legato al passato ed alle tradizionali catene promozionali e distributive delle case discografiche.

Un settore che, invece di essere demonizzato, andrebbe sfruttato per le sue potenzialità. Questo è ciò che, probabilmente, la RIAA sembra non aver capito insistendo in cause giudiziarie spesso fallimentari e che nel computo legale complessivo evidenziano come la prova di forza sia servita, fino ad ora, molto poco.

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