Fare causa ad una ragazzina di dodici anni, chiedendo risarcimenti stratosferici
per qualche canzone scaricata con Kazaa, è decisamente troppo. Anche
quando si è in guerra e ti chiami RIAA e sei l’associazione che
rappresenta le più potenti industrie dell’entertainment mondiale. Bene.
L’ondata di clamore suscitata da quell’episodio deve aver convinto la stessa
RIAA a mutare strategia.
Il 17 ottobre scorso, le 204 persone cadute nella rete di controlli dell’associazione
si sono viste recapitare una lettera di notifica più che l’avviso di
un’azione legale (come avvenuto ai 261 della prima ondata): "Ti abbiamo
beccato, contattaci e vediamo di trovare un accordo. Se paghi non ti denunciamo".
Questo il succo della missiva. Vedremo come reagiranno questi utenti di fronte
alla prospettiva di spese legali indubbiamente onerose.
Ma chi sono i file sharers beccati dalla RIAA? Rispondendo a questa domanda,
possiamo anche chiarire come funziona il sistema di monitoraggio dei vari network
P2P. Diciamo subito che a rischio non è il puro e semplice download.
Nel mirino dei radar anti-P2P ci sono le persone che condividono in maniera
permanente oltre mille file musicali. L’attività di scansione è
resa più semplice dal sistema della cartella condivisa implementato sui
principali software. Basterebbe ‘snellirla’ o svuotarla del tutto per evitare
guai.
Attenzione però. La strategia della RIAA può sembrare grossolana
e intimidatoria, ma ha una sua ratio. Lo ha spiegato bene Clay Shirky
in un recente saggio intitolato File-sharing Goes Social. Il sistema
con cui programmi alla Kazaa hanno tentato di scongiurare un secondo
caso Napster, è stato quello del network decentralizzato. Non
più un database centrale, ma un insieme di nodi in gradi funzionare allo
stesso tempo da client, server e router. L’azione della RIAA è rivolta
essenzialmente contro quelli che potremmo definire i super-nodi, quelli cioè
con più connessioni e capacità di alimentare il sistema. Shirky
la definisce con l’espressione Crush the Connectors. E pensa che alla
lunga potrebbe funzionare. Se questi super-nodi cessano di condividere perché
intimoriti dalle azioni legali, il network può perdere in efficacia e
subire una crisi di ‘fiducia’ con effetti a catena. Se non trovo più
le canzoni come prima, sarò portato ad uscire dal giro. Le conseguenze
di un simile comportamento moltiplicato per migliaia di utenti sono facilmente
intuibili. La conclusione di Shirky è che, come avvenuto all’epoca dell’affaire
Napster, potremmo presto assistere alla nascita di nuove architetture di network.
Staremo a vedere.
Se la via della ‘non condivisione’ ha dunque evidenti effetti perversi, non
mancano altre soluzioni. Kazaa Lite, per esempio, viene ora offerto anche
nella versione K++, su cui è stato implementato un sistema in grado di
bloccare gli IP provenienti dai radar della RIAA. Quanta vita avrà questo
programma è difficile dirlo.
Accanto a queste iniziative, ne stanno nascendo altre che possiamo rubricare
sotto l’insegna del boicottaggio commerciale. I siti che invitano a non supportare
gli artisti che incidono per le etichette aderenti alla RIAA o ad acquistare
solo CD usati, si contano ormai in decine e alcune iniziative meritano una segnalazione.
Quella in corso è, ad esempio, la settimana di boicottaggio promossa
dalla Stop RIAA Lawsuits Coalition. Molto interessante anche per gli
aspetti tecnici della sua implementazione è invece il RIAA Radar
realizzato dagli autori del weblog Magnetbox.
Sfruttando mirabilmente i Web Services e il sistema di collaborative filtering
di Amazon, incrociando i dati con il database di artisti della RIAA, hanno messo
su un sistema ingegnoso. Si può verificare, innanzitutto, se un artista
o un gruppo incidono per le major. In questo caso veniamo avvisati con un evidente
bollino rosso. L’applicazione ci consente quindi di rintracciare con un click
altre band simili a quella ma che non sono legati ad etichette della RIAA. Non
mancano listoni in stile Amazon con i migliori artisti non-RIAA suddivisi per
genere. Semplice e a prova di denuncia. Speriamo…