177 pagine Facebook (numero aggiornato al momento della pubblicazione di questo articolo) sono già pronte a cavalcare la morte di Michael Schumacher. Come noto, il pluripremiato campione di Formula 1 ha avuto un brutto incidente sugli sci a Meribel e, subito ricoverato in condizioni gravi, è stato in seguito sottoposto ad un delicato intervento chirurgico. Schumacher è arrivato in coma all’ospedale di Grenoble e la situazione è stata definita immediatamente “critica” e nulla più.
Le notizie sullo stato di salute di Schumacher finiscono qui: un nuovo bollettino è atteso per le 11 di stamattina, a distanza di 24 ore dall’incidente di ieri. Nel frattempo, su altre piste, la speculazione ha già preso il via: un eventuale aggravarsi della situazione diventerebbe infatti un’esca allettante per una sporca azione di rastrellamento le cui prime avvisaglie si sono già manifestate in anticipo, con una manovra strategica impeccabile e sprezzante di qualsivoglia forma di rispetto.
177 pagine: è quanto è possibile trovare in questi minuti su Facebook cercando “RIP Michael Schumacher“. Sono pagine di varia natura: pagine vere e proprie, community, gruppi e altro ancora. Alcune potrebbero essere nate sull’onda di una falsa notizia, e nutrirsi di sentimenti sinceri, ma vari indizi suggeriscono per la maggior parte di esse un’origine ben meno nobile. Per tutte c’è il volto del pilota in grande evidenza e per tutte c’è già qualche “mi piace” all’attivo. La pagina di maggior popolarità raccoglie al momento circa 29.000 “mi piace” e non fa mistero delle proprie ambizioni: creata appena 14 ore dopo l’incidente, non fa altro che suggerire un “like” come forma di rispetto per la tragedia accaduta. La tragedia, però, in realtà non è ancora consumata e nel frattempo sarebbe cosa buona scongiurare ogni cattiva notizia in tal senso. Ed è questo quanto in molti suggeriscono tra i commenti, ottenendo però scarsi risultati.
RIP Michael Schumacher
“1 like = 1 support”. Questa è la verità che si vuol vendere. La popolarità potenziale di una pagina di questo tipo è abnorme: posizionandosi immediatamente su Facebook, la pagina sarà tra le prime che vengono trovate nel momento in cui qualcuno cerca Michael Schumacher sul social network. Un eventuale decesso del pilota tedesco (da scriversi con tanto di scongiuri, ma per rigido dovere di cronaca su questa manovra speculativa) diventerebbe automaticamente una sorta di “meme”, fucina di “mi piace” e di “condividi” per l’alto tasso emotivo che scatenerebbe la notizia tra i suoi fans. Di qui l’interesse ad anticipare gli eventi: non c’è spazio per la speranza, né per il rispetto: posizionarsi, questo è quello che conta.
La domanda da porsi è: a quale pro? Perché cercare con tanto vigore e scientificità un posizionamento di questo tipo? La risposta è insita nelle dinamiche di Facebook e nella natura di certi fenomeni parassiti. Per capire occorre infatti guardare in prospettiva quel che andrebbe ad accadere nel caso in cui la brutta notizia dovesse diventare quel che nessun appassionato di Formula 1 (e chiunque dotato di umana pietà) vorrebbe mai sentire.
Si prenda per ipotesi che il peggio debba accadere. Automaticamente il ribollire di sentimenti nei confronti del pilota raggiungerebbe il suo climax in poche ore. Per settimane Facebook diventerebbe la piazza in cui questa emozione tenta di agglomerarsi, unendo piccole e grandi community attorno alla memoria della figura del grande campione. Come tanti granelli di sabbia che tentano di sedimentarsi su un fondale eterogenero, alcuni granelli inizierebbero a posarsi, ed unirsi, sulle rocce già esistenti. Ingrandendole, poco alla volta, a dismisura. Di qui la necessità di diventare “roccia” subito: una community che parte con il favore di decine di migliaia di “like” è già in buona posizione e potrebbe essere l’embrione della community che sarà. “RIP Michael Schumacher”, la pagina ove lo scoramento e la tristezza troveranno una bacheca su cui manifestarsi, o almeno questa è l’apparenza.
Ogni commento, ogni “mi piace” e ogni condivisione saranno un manifesto per la pagina stessa, la quale godrà di immensa pubblicità virale: l’emozione è il collante più importante, questo è noto, dunque il decesso del pilota diventerebbe un’occasione imperdibile, sull’onda della più vibrante viralità, per chi già sa come sfruttare a proprio vantaggio tale opportunità.
Con ogni probabilità le 177 pagine “RIP Michael Schumacher” farebbero fino in fondo il loro dovere: per giorni, per settimane, per mesi. Cavalcare l’onda emotiva sarebbe solo la prima fase del percorso, quella nella quale seminare le opportunità e raccogliere quanti più fans possibili. Un “like” è per sempre, del resto: lo si offre e poi non lo si cancella poiché è facile dimenticarsene. La situazione potenziale è dunque semplice da delineare: entro pochi mesi, Facebook sarebbe disseminato di migliaia di community “RIP Michael Schumacher”, alcune delle quali probabilmente gonfie di milioni di contatti.
Terminata la fase della semina, poi, inizierebbe quella della raccolta. I gestori di tali pagine, infatti, potrebbero facilmente cambiare l’oggetto delle loro pagine (il tutto senza aggirare alcuna regola), trasformando il “RIP Michael Schumacher” in qualunque altro elemento. Non solo: una volta cambiato l’oggetto della pagina, si potranno inviare link che appariranno automaticamente sulle bacheche di milioni di utenti a costo zero. L’emozione per un decesso avrà a quel punto terminato il proprio percorso di marcescenza: il cordoglio si è trasformato in SPAM.
Incredibile a dirsi, ma attorno allo spam si sviluppa anche spam di ritorno: le pagine “RIP Michael Schumacher” iniziano infatti a riempirsi di commenti di spam di altre pagine, simili o meno, che tentano di raccogliere ulteriori mi piace con una seconda ondata di rastrellamento di contatti. Parassiti sui parassiti, in uno spettacolo di bassa lega che non vede su Facebook sufficienti filtri per limitarne l’insorgere. Come sempre dovrebbe essere la community ad agire prima del canale: sarebbe sufficiente infatti segnalare in massa tali pagine al social network per “suggerirne” la rimozione, così che gli algoritmi ed il personale di Facebook possano capire come e dove agire in modo mirato per ridare dignità alla situazione.
Questo articolo intende presentarsi come semplice fotografia di come nasce lo spam, di come sa nutrirsi di emozioni sincere e di come sa approfittare delle situazioni e della scarsa consapevolezza del mezzo che indebolisce la presenza online di troppi utenti. Se le notizie nel prossimo bollettino medico saranno buone, i lati positivi saranno due: a salvarsi è l’uomo, a morire sarà una potenziale bolla di spam e spammer, i quali vendono la propria dignità e quel minimo sindacale di etica in cambio di una manciata di like da rivendere per pochi denari.