La storia di Saroo Munshi Khan sembra uscita dalla sceneggiatura di un film, in cui l’intera vita del protagonista viene stravolta in pochi minuti e con un lieto fine degno delle migliori pellicole strappalacrime. Nel 1986, all’età di cinque anni, il piccolo si reca insieme al fratello maggiore Guddu (14 anni) presso la stazione di Berhanpur, in India, per cambiare il denaro da portare alla propria famiglia. Durante l’attesa si addormenta su un treno in sosta, che però al risveglio ha iniziato la sua corsa.
Saroo si trova così lontano da casa e dalla famiglia, da solo in un posto sconosciuto. Scende dal mezzo solo 1.500 Km più lontano, a Calcutta, dove ad attenderlo c’è una nuova vita. Dopo aver passato settimane in strada e in alcuni orfanotrofi viene adottato da una famiglia di origini australiane. L’anno seguente si trasferisce a Hobart, nella Tasmania, dove cambia nome in Saroo Brierley. I ricordi delle sue origini si fanno via via sempre più confusi, sbiaditi, come accade per le immagini impresse nella memoria in tenerà età. La determinazione a ritrovare le proprie radici però non viene mai meno e, grazie alla tecnologia, 27 anni dopo si arriva al miglior epilogo che si possa immaginare.
Nel 2011 Saroo si affida a Google Earth, per trovare qualche corrispondenza che lo riporti all’infanzia. Dopo una lunga ricerca trova un panorama in qualche modo a lui familiare, che lo aiuta a sbloccare ricordi rimasti sopiti da oltre un quarto di secolo. Alla fine arriva ad identificare un quartiere e il tetto di quella che potrebbe essere la propria casa: a quel punto non resta che imbarcarsi su un aereo e bussare alla porta. Ad attenderlo ci sono la madre, la sorella e i fratelli. La storia è finita anche in un libro, intitolato “Long way home”.