Secondo Elon Musk, non proprio l’ultimo arrivato nel panorama hi-tech, l’intelligenza artificiale arriverà a costituire un pericolo concreto per il genere umano entro pochi anni. Se si tratti di eccessivo allarmismo o meno, al momento è un tema fortemente dibattuto. Sta di fatto che è necessario effettuare una distinzione tra ciò che si intende con il termine IA e autocoscienza (o self-consciousness per dirla all’inglese) prima di poter affrontare l’argomento con cognizione di causa.
I robot che talvolta vengono raffigurati dalla narrativa fantascientifica o dalle pellicole sci-fi come esseri senzienti pericolosi per l’uomo, sono infatti dotati non solo di un’intelligenza propria, ma anche della consapevolezza di sé. Ecco perché a volte, nei racconti, reagiscono attaccando le persone al fine di tutelarsi, come mossi da un istintivo meccanismo di autodifesa. In altre parole, l’io dell’unità meccanica diventa cosciente di sé e compie qualsiasi gesto pur di “sopravvivere”. Una prima forma di reazione di questo tipo è quella visibile nel filmato in streaming di seguito, realizzato dal professor Selmer Bringsjord del Rensselaer Polytechnic Institute.
Il protagonista è NAO, un automa di cui si è già parlato negli anni scorsi su queste pagine, progettato dal team Aldebaran Robotics. Il video è il risultato di un esperimento ispirato al test The King’s Wise Men: ai tre robot viene virtualmente somministrata una pillola chiamata “dumbing pill”, che in termini concreti consiste nella pressione di un pulsante posizionato sopra la testa. Due di questi silenziano le rispettive unità, mentre l’altra rimane in grado di parlare e interagire tramite comandi vocali.
Dopo aver toccato il capo a tutti e tre i robot, viene chiesto loro “Quale pillola avete ricevuto?”. I tre NAO cercano di rispondere “Non lo so”, ma solamente quello che può ancora parlare riesce a udire il suono delle propria voce, la riconosce e di conseguenza prosegue nella conversazione.
Scusa, ora lo so. Ho la prova di non aver ricevuto la dumbing pill.
Ovviamente, nessuna delle unità impiegate è stata programmata appositamente a questo scopo. Si tratta dunque di una forma primitiva d’autocoscienza: il robot prende atto in modo del tutto autonomo della propria capacità di parlare e altrettanto autonomamente decide di manifestarlo. Niente a che fare con le macchine che un giorno potrebbero prendere il sopravvento sul genere umano, ma comunque un primo importante passo verso la creazione di un’unità robotica senziente.