Quando si posiziona un brand in uno specifico mercato, c’è un rischio: che i simboli rappresentati ed i significati di cui ci si fa carico possano diventare ad un certo punto un fagotto pesante da portare. Se non scomodi, addirittura. Ed è successo, con forte evidenza, nelle ore scorse quanto un marchio di assoluto prestigio quale Rolex si è trovato a dover fare i conti con gli improvvidi accostamenti giunti dalle istituzioni nei confronti dei disordini all’apertura di Expo 2015.
Nessuno tocchi Rolex
A firma di Gianpaolo Marini, amministratore delegato Rolex Italia, è stata pubblicata una lettera sulle principali testate nazionali nella quale si chiede di desistere dal continuare in un accostamento tanto azzardato. Eppure l’ossimoro aveva solleticato molti utenti: vedere che uno dei devastatori di Milano indossasse un orologio molto simile a quello che potrebbe essere un Rolex, ha scatenato una moltitudine di sghignazzante ironia. Ironia che in primis è stata sfruttata per derubricare l’essenza delle proteste dei no-Expo, ma per ricaduta diretta ha dequalificato anche l’immagine del celebre marchio. L’incidente si chiude con questa lettera e le fonti istituzionali porranno probabilmente molta più attenzione nell’affiancare le violenze con un marchio che, lungi dall’essere protagonista delle violenze stesse, ne potrebbe tranquillamente essere vittima.
Ma il problema vero è altrove, non certo nell’intoppo dialogico di dichiarazioni improvvisate, improbabili ed inopportune. Il problema è a monte. Il problema è in un fagotto di significati che rischia di farsi giorno dopo giorno più pesante, per molte cause, per molti marchi.
Rolex, vittima di un ossimoro
Nessuno avrebbe alcun dubbio nel definire i Rolex come gli orologi del lusso. Precisione, resistenza, affidabilità, eleganza, ma soprattutto lusso: lo sfizio che va oltre l’eleganza, il prezzo che va oltre l’utilità, il desiderio che va oltre il bisogno. Nei momenti di crisi, quando la percezione della difficoltà carica il lusso di un peso etico immeritato, ecco che i valori incarnati possono però diventare un problema: mentre il brand fa l’occhiolino ad un preciso target di mercato, infatti, un altro tipo di utenza vede il tutto come uno scherno. E ci si scaglia contro.
L’ossimoro del devastatore Black Bloc con il Rolex (sempre che fosse un Rolex, sempre che fosse autentico) è risultato irresistibile ai più: le condivisioni sui social network sono state seriali e hanno trasformato quell’immagine come una delle icone simbolo della triste giornata di Milano. Il problema vero della Rolex è in questo passaparola, non certo nelle successive parole del Governo (benché vadano a validare ed alimentare la tesi, comunque già ampiamente radicata). Peraltro la situazione è contraddittoria sotto molti punti di vista: un simbolo del lusso, al polso di chi sta combattendo contro i simboli del lusso, rimane vittima della lotta al lusso. E vittima ne rimane anche il movimento Black bloc, in una battaglia che ha fatto solo danni e vittime, senza vincitori.
Dal punto di vista dell’azienda, il danno di immagine esplode con una foto. La realtà più profonda è però nel fatto che il sostrato era pronto da tempo.
Purtroppo l’eco suscitata dalle Vostre parole è stata straordinariamente vasta ed ha prodotto l’inaccettabile affiancamento dell’immagine di Rolex alla devastazione di Milano e all’universo della violenza eversiva.
Quali colpe ha Rolex in questo frangente? Nulle, del tutto nulle. Non ha responsabilità nei confronti delle devastazioni, non ha legami con il devastatore fotografato e non ha colpe se il caso ha voluto portare l’orologio proprio su quel polso. Ha però in carico una scelta di posizionamento di mercato che genera qualche rischio: rappresentare il lusso, in certi contesti, è un handicap. E nel bel mezzo di questo guado ecco arrivare la minaccia ulteriore: Apple Watch.
Il fagotto del lusso ai tempi dell’Apple Watch
Apple Watch è il nuovo lusso. Un lusso diverso, che si basa su altri paradigmi, ma che è destinato a ritagliare una propria nicchia. Il lusso come surplus di valore oltre la soglia del necessario, attingendo nel desiderio gli argomenti per spendere anche laddove la ragione non supporta la scelta.
Apple Watch non costa quanto un Rolex, ma è comunque il più caro del settore; c’è anche la versione Edition in oro con doratura da gioielleria che costa migliaia di euro, ma non è comunque il prezzo un paradigma fondamentale. Non è resistente quanto un Rolex, ma ha tutte le caratteristiche per essere il migliore tra i simili. Non è il simbolo dell’Eleganza con la “E” maiuscola, ma è comunque uno dei migliori compromessi nell’era dell’eleganza vista dagli occhi degli appassionati di tecnologia. Il rischio per Rolex è che il concetto stesso di “eleganza” venga meno, poiché a cambiarne sono le basi. Ed in questa traslazione di valori, anche il concetto di “lusso” potrebbe sfiorire. L’attacco frontale degli smartwatch non andrà a tramortire un’industria storica e florida come quella degli orologi di lusso, ma questi ultimi dovranno giocoforza fare i conti con un quadro culturale mutevole, la cui percezione del mercato slitta con sempre maggior velocità verso un nuovo piano valoriale.
Luxottica ha allungato le mani sui Google Glass. Tag Heuer ha preannunciato il proprio impegno sugli orologi intelligenti. Rolex, invece, si è trovata improvvisamente impantanata in una polemica non cercata, non voluta, non comoda. L’azienda non ne ha colpa alcuna, ma addebitare solo al caso tutto ciò sarebbe probabilmente fuorviante: nel momento in cui l’ossimoro del lusso al polso della devastazione è maturato, infatti, tutto era ormai compiuto e la fotografia ha soltanto fatto da eco ad un corto circuito destinato presto o tardi a configurarsi.
La presa di coscienza da parte di Rolex appare chiara e forte, tanto da promuovere una pubblica autodifesa, ma dovrà commutarsi in azione. La sedia del lusso ha cambiato forma e Rolex, che da sempre l’ha dominata con sicurezza, deve ora farci i conti per trovare un nuovo equilibrio. Anche ai tempi dell’Apple Watch il lusso può funzionare, e forse può avere anzi anche rilevanza ancor maggiore, ma la frammentazione del mercato ha disegnato nicchie nuove da ascoltare ed accontentare. Il quadro generale è più complesso e le vecchie categorie cadono di fronte a valori nuovi, percezioni nuove e, non da meno, innovazione tecnologica.