RSS: un successo che può far male?

Un articolo di Wired evidenzia i potenziali rischi derivanti da un uso massiccio e incontrollato dei news aggregator: possono sovraccaricare i server Web e causare un Denial Of Service. Le soluzioni, però, esistono
RSS: un successo che può far male?
Un articolo di Wired evidenzia i potenziali rischi derivanti da un uso massiccio e incontrollato dei news aggregator: possono sovraccaricare i server Web e causare un Denial Of Service. Le soluzioni, però, esistono

Mentre si contano i danni provocati da Sasser, un articolo
apparso su Wired indica un nuovo e potenziale pericolo incombente sulla
stabilità del Web: gli aggregatori di news basati su RSS. Il pezzo
va interpretato nella giusta maniera, evitando inutili allarmismi e senza incorrere
nell’errore di esprimere critiche fuori luogo ad una tecnologia che ha ormai dimostrato
tutta la sua bontà. La giusta chiave di lettura? Una buona occasione per
divulgare un problema noto e già ampiamente discusso tra gli sviluppatori.
Questi, in sintesi, i termini della questione.

Spinto e reso popolare dai blog, ma sempre più utilizzato da numerosi
siti di informazione (non in Italia, purtroppo), RSS è emerso negli ultimi
anni come un sistema alternativo e straordinariamente efficace per la fruizione
dei contenuti distribuiti sul Web. Alternativo perché un feed RSS non è
altro che una versione più strutturata e in formato diverso (XML) di qualcosa
già esistente sotto forma di pagina HTML. Efficace perché, sfruttando
programmi ad hoc (i news reader o aggregatori), consente la consultazione di centinaia
di siti in una sola finestra e in tempi drasticamente inferiori rispetto a quelli
necessari con una fruizione via browser. Come giustamente afferma Jason Kottke,
web designer tra i più quotati e blogger della prima ora, un aggregatore
di news è semplicemente un’interfaccia diversa per raggiungere gli stessi
contenuti.

Tutto bene, allora? Quasi. Oltre che manualmente, l’aggiornamento dei feed
può avvenire anche automaticamente, in un modo non diverso dai programmi
di posta elettronica. Cosa fa chi vive con la necessità di controllare
spesso le mail in arrivo? Imposta un intervallo di tempo e dice al client: “Ogni
mezzora scarica la posta”. Tutti gli aggregatori consentono di attivare in
maniera simile il refresh automatico dei feed.

Impostare intervalli brevi e ravvicinati comporta però un carico notevole
per il server su cui risiede il file XML, soprattutto se gli utenti e le richieste
cominciano a contarsi nell’ordine di migliaia. Tentando, ad esempio, di aggiornare
il feed RSS di un sito popolare come Slashdot, capitava spesso di ricevere
in risposta un messaggio di questo tipo: il tuo aggregatore ha consumato tutta
la banda disponibile, riprova più tardi
.

I rischi, dunque, sono il consumo di banda e il sovraccarico sul server. Che
può arrivare a limiti insostenibili, sul modello degli attacchi DDOS. Quanto
tutto ciò sia percepito come un problema, lo dimostra una vicenda tutta
italiana. Splinder, la più popolare piattaforma di blog del nostro
paese, ha finora evitato di implementare i feed RSS, adducendo come motivazione
principale lo scenario tracciato qui sopra.

Ora, nonostante l’utilizzo degli aggregatori sia in crescita costante, si parla
sempre di numeri più che sostenibili. La prospettiva delineata nell’articolo
di Wired si spinge invece verso un futuro in cui, per dirne una, Microsoft potrebbe
dotare Internet Explorer di un aggregatore. Cosa accadrebbe nel momento in cui
non più migliaia ma milioni di persone iniziassero ad usare i feed, magari
con le modalità di aggiornamento automatico e ravvicinato cui si accennava?
Assisteremmo davvero al collasso, almeno per i siti più popolari? Ma soprattutto,
dove intervenire?

Innanzitutto dalle basi, dall’abc diremmo. RSS funziona usando il protocollo
HTTP
. Il primo passo dovrebbe pertanto essere una corretta implementazione
dei suoi meccanismi. Uno di essi (il cosiddetto Conditional GET) consente
di ridurre al minimo il dialogo tra client e server. L’uno chiede all’altro se
ci siano aggiornamenti, il server risponde sì o no e solo nel primo caso
invia tutto il contenuto del file.

Ancora, sarebbe buona norma utilizzare un particolare meccanismo (la compressione
GZIP
) in grado di inviare al client la versione ‘compressa’ di un documento.
È chiaro che il discorso, qui, si estende sia ai produttori di news reader
sia ai gestori dei server. Le due tecniche funzionano solo se entrambi le supportano.
In questo scenario, RSS, lungi dall’essere un ammazza-server, costituisce un modo
per riparmiare banda, visto che un feed è sempre meno ‘pesante’ di una
classica pagina web. Come si vede, il problema non è nella tecnologia in
sé, ma nei modi in cui viene usata (e una buona dose di responsabilità
sarebbe auspicabile anche da parte degli utenti, a dire il vero).

Fare questi passi ora significa garantire una crescita sostenibile per RSS.
Altre soluzioni verranno. Si spera di non assistere anche su questi aspetti alle
guerre di religione e agli eccessi di litigiosità che hanno spesso connotato
lo sviluppo di questo formato. E soprattutto che qualunque meccansimo correttivo
non infici la semplicità del sistema. Il fattore vincente di RSS è
tuttora quel movimento in tre mosse che lo rende così attraente agli occhi
dei suoi sostenitori: un click, aggiorno e leggo. Non rompiamo il giocattolo,
per favore.

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