Alle prese con un caso particolarmente spinoso quale la battaglia legale contro Apple, la quale per il momento vede la mela in netto vantaggio, Samsung continua a pianificare le proprie strategie future, tra tentativi di allestire una muraglia difensiva sufficientemente robusta e nuovi possibili attacchi nei confronti della concorrenza. Direttamente dalla Corea del Sud giunge infatti notizia di possibili accordi con Microsoft, probabili nuove denunce nei confronti di Apple e collaborazioni con i principali carrier mondiali.
Sul fronte offensivo, Samsung sembrerebbe intenzionata a muovere guerra nei confronti di Apple qualora l’azienda dovesse rilasciare a breve prodotti dotati di tecnologia LTE, il nuovo standard per le telecomunicazioni ad alta velocità del quale il colosso asiatico detiene circa il 10% dei brevetti ritenuti fondamentali per la stessa. Benché già integrata nell’iPad di terza generazione, LTE potrebbe essere dunque motivo di nuovi scontri tra le due aziende, con Samsung che sarebbe dunque pronta a scagliare contro Apple brevetti coperti da licenza FRAND (Fair, Reasonable and Nondiscriminatory).
Contemporaneamente, la società sudcoreana sembrerebbe intenzionata a guardarsi intorno per migliorare la propria situazione: da un lato sarebbero in corso trattative con Microsoft per ridurre al minimo la propria dipendenza da Android, costantemente sotto attacco ed in alcuni casi potenzialmente pericoloso anche per i produttori di hardware a causa di alcuni brevetti, come dimostrano gli accordi siglati da alcune aziende con il gruppo di Redmond; dall’altro, invece, Samsung vorrebbe collaborare con alcuni operatori di telefonia mobile al fine di realizzare nuove tecnologie oppure modificare quelle già esistenti.
Nel frattempo, dal Giappone giunge un nuovo risultato parziale nello scontro con la mela morsicata: in questo caso è Samsung ad uscirne vincitrice, come stabilito dal giudice distrettuale di Tokyo, Tamotsu Shoji. In terra nipponica, dunque, le accuse di Apple non sono riuscite a scalfire la difesa, con una sentenza che strizza l’occhio alla casa sudcoreana.