La miglior metafora dell’innovazione è quella di una improvvisa accelerazione. La si avverte quasi da un punto di vista fisico: una forza che spinge verso il futuro, spesso con direzioni sconclusionate, a volte in modo eccitante. Tuttavia c’è un’inerzia che vi si oppone e che frena, che oppone resistenza: non è fatta solo di timore, ma è una naturale necessità di adattamento. Una ricerca portata avanti da Samsung ha misurato questa sensazione trasformandola in numeri e rendendo così ancor più evidente il fenomeno: alla feroce innovazione odierna corrisponde una feroce forza di inerzia che tende a contrastare le pulsioni al cambiamento. Si tratta di una inerzia fatta di più componenti, dalle molte facce e non facile da definirsi, ma in ogni caso reale e connaturata all’essere umano.
Mai come in questo momento storico la tecnologia è in grado di sorprenderci attraverso esperienze straordinarie, quali ad esempio la realtà virtuale, le auto a guida autonoma e gli elettrodomestici intelligenti. Tuttavia, secondo Samsung, gli Italiani e gli Europei in generale fanno fatica a rimanere al passo con la terminologia tech, per molti ancora sconosciuta e fonte di incomprensioni.
L’indagine Tech Habits 2016 racconta un paese nel quale il 59% degli italiani dichiara di utilizzare più tecnologia rispetto a 2 anni fa (con una crescita addirittura superiore rispetto alla media europea), con un 14% che dichiara addirittura di esserne ormai totalmente “addicted” e di non poterne assolutamente fare a meno. C’è però anche l’altro lato della medaglia: l’88% degli italiani ha dichiarato almeno una volta di conoscere un termine legato alla tecnologia pur non avendo minimamente idea di ciò di cui si stava parlando. Insomma: un amore incompleto, frutto di fascino scarsa conoscenza, che genera zone di scollamento destinate a pesare sulla consapevolezza dei cittadini nei confronti della tecnologia stessa. Spiega Samsung:
Circa un terzo degli Italiani (32%) ha evidenziato come una terminologia poco chiara impedisca di utilizzare al meglio un dispositivo, sfruttandone tutte le potenzialità (in Europa la percentuale scende al 23%); il 36% dice di possedere almeno un device più avanzato rispetto alle proprie capacità di utilizzo e necessità (la percentuale sale al 43% a livello europeo), mentre il 7% (l’11% in Europa) si sente invece in ritardo nei confronti del progresso tecnologico.
Le parole meno comprese sono “streaming“, “cloud” ed “emoji“, ma tra le più ignote figurano anche “fibra ottica” e “Android“. Eppure probabilmente gli italiani conoscono Netflix, Google Drive ed utilizzano quotidianamente le faccine sul proprio smartphone. Uso privo di conoscenza, insomma, e probabilmente al netto di qualsivoglia consapevolezza reale su come funzioni il servizio, su quali siano i termini, quali le caratteristiche, quali le opportunità. Un approccio passivo, in definitiva, che non può che regalare potere a chi offre e toglierne a chi fruisce. Il tasso di conoscenza si riduce ulteriormente se si affronta la definizione di “Internet delle cose”: una realtà che è ormai dietro l’angolo sembra non preoccupare né interessare gran parte degli intervistati, del tutto inconsapevoli di questa realtà e di tutte le ripercussioni che potrebbe pertanto avere sulla vita di ogni giorno. Varrebbe la pena spendere una riflessione su questioni come sicurezza e privacy, quindi, laddove l’utenza pretende garanzie senza offrire in cambio la nozionistica minima indispensabile per poterne fruire appieno.
Si possono però incolpare le persone per questa “ignoranza”, oppure ha più senso attribuire responsabilità a chi ha il dovere di informare, far conoscere e far capire? Responsabilità diffuse per una colpa indiretta: dal giornalismo al marketing, passando per aziende e istituzioni, troppe volte si sottovaluta lo scollamento tra realtà e percezione della stessa, senza attribuire la necessaria importanza alla comprensione di prodotti e servizi. Termini poco noti, anzi, vengono sfruttati per la loro aura innovativa, creando ulteriore confusione. In virtù di quale regola l’utente deve essere a conoscenza delle non-differenze tra Ultra HD, UHD e 4K? Se la legge non ammette ignoranza, l’innovazione cosa può perdonare e cosa no a persone che faticano a tenerne il passo in un periodo di feroce evoluzione?
Mario Levratto, Head of Marketing and External Relations di Samsung Electronics Italia, spiega:
La nostra ricerca rivela che la terminologia tech può costituire una barriera per molti consumatori. In Italia ci stiamo impegnando a fondo in questo senso, semplificando il linguaggio che utilizziamo e cercando di sviluppare prodotti avanzati ma di facile comprensione ed utilizzo, anche grazie al supporto dei nostri esperti e dei nostri distributori. Inoltre, affinché la nostra tecnologia possa realmente facilitare e arricchire la vita delle persone, siamo impegnati a promuovere la diffusione di una cultura dell’innovazione nel nostro Paese, a sostegno della crescita culturale, sociale ed economica italiana. Lo facciamo con i nostri progetti di Corporate Citizenship. Samsung ha sviluppato nel nostro Paese iniziative nei principali ambiti socio-economici – dall’arte alla scuola, dalla sicurezza nell’uso di Internet alla formazione professionale – per valorizzare il digitale e aiutare tutti gli Italiani, in particolar modo i più giovani, ma non solo, a comprenderne appieno il significato e i benefici, e ad acquisire le competenze richieste dal mercato.
Il digital divide culturale è in gran parte identificabile in questa distanza tra la realtà dell’innovazione e la realtà della cultura diffusa: sul fronte della tecnologia si creano facilmente gap incolmabili dettati dai vari strappi e dalle continue accelerazioni impresse nel mondo degli smartphone, dei tablet, delle smart tv, dei servizi online o dell’ecommerce. Tocca alle istituzioni tutelare i diritti delle persone, tocca alle persone coltivare la propria curiosità e tocca alle aziende creare la giusta consapevolezza affinché la paura della tecnologia non diventi di ostacolo al mercato. In mezzo a tutto ciò c’è il punto di incontro dell’interesse collettivo affinché cresca il mercato, cresca la consapevolezza e cresca l’offerta di tecnologia in parallelo alla capacità di sfruttare la stessa.