Oltre che garantire visibilità agli sviluppatori, il Mac App Store ha anche lo scopo di fornire agli utenti applicazioni interessanti, valide e soprattutto sicure. Ecco perché Apple ha imposto il sandboxing delle applicazioni, concedendo tempo agli sviluppatori per adeguarsi fino a marzo 2012.
In realtà Cupertino aveva già fissato il termine ultimo a questo novembre, ma ha deciso di ripensarci e concedere una proroga, forse anche perché le difficoltà per gli sviluppatori di adeguarsi avrebbero potuto portare a una fuga dal Mac App Store, che non è l’unico canale per installare le applicazioni come invece avviene in iOS.
Il sandboxing è una tecnica di sicurezza che mira a limitare le risorse di sistema a cui un app può accedere, riducendo così i potenziali rischi di attacco o semplicemente di crash. In pratica, ogni applicazione deve preventivamente dichiarare al sistema operativo le risorse di cui ha bisogno tra quelle disponibili, così che, una volta in esecuzione, non potrà richiederne altre.
Ovviamente, perché uno sviluppatore possa pubblicare la sua app sullo store di Apple, deve elencare le risorse che saranno richieste e giustificare l’utilizzo delle stesse; inoltre le risorse disponibili, dette “entitlements”, sono solo 30 per Lion.
Dunque, con il sandboxing delle app si va a migliorare la stabilità e soprattutto la sicurezza del sistema, ma d’altra parte risulta inevitabilmente limitata la creatività degli sviluppatori che, non potendo accedere ad alcune risorse saranno inevitabilmente costretti a limitare le funzionalità delle proprie app, se vorranno ottenere la visibilità garantita dal Mac App Store.
La scelta di Apple di concedere ulteriore tempo agli sviluppatori può essere vista come segnale di apertura verso gli stessi: questi avranno più tempo per ottimizzare le proprie app e fare in modo di rientrare nei parametri di Cupertino che, allo stesso tempo, potrebbe valutare l’opportunità di estendere la lista degli entilements per concedere maggiore libertà ai programmatori.