È giunto il momento di iniziare a prendere in considerazione seriamente il problema relativo alla produzione dei rifiuti al di fuori dell’atmosfera terrestre, ovvero i detriti spaziali. Sono molti e possono rappresentare un potenziale rischio per missioni e satelliti, soprattutto perché viaggiano a grandi velocità (fino a 7 Km/s in media), anche se da terra non è facile rendersene conto. Un team dell’EPFL (École Polytechnique Fédérale de Lausanne) potrebbe aver trovato la soluzione definitiva: il Clean Space One Project.
Si tratta di un progetto finalizzato alla creazione e all’impiego di un macchinario che può essere in qualche modo paragonato ad un “satellite Pac-Man", ovvero dotato di un modulo che all’occorrenza si apre formando un cono all’interno del quale intrappolare i detriti (come i SwissCube da 10x10x10 cm lanciati a partire dal 2006). Nelle simulazioni e nei test condotti all’interno dei laboratori il sistema è risultato più efficace rispetto ad alternative come l’utilizzo di braccia meccaniche dotate di prese alle estremità, poiché maggiormente manovrabile da remoto. L’identificazione degli oggetti da “catturare" avviene mediante una videocamera ad alta sensibilità, che ne individua il riflesso della superficie durante la rotazione.
Piuttosto originale il metodo scelto per liberarsi dei detriti: una volta che lo spazio è stato esaurito, il satellite inizia la sua discesa verso il suolo, disintegrando letteralmente quanto contenuto nella sua rete al contatto con l’atmosfera. Al momento il progetto ha superato la fase in cui vengono testati i primi prototipi e la tecnologia potrà essere impiegata concretamente a partire (secondo le previsioni) dal 2018. Una curiosità: la NASA ha da tempo avviato un programma di monitoraggio per tenere sotto controllo gli oggetti orbitanti con dimensioni superiori ai 10 cm.