Una storia di potere e di alta finanza, ma una storia che coinvolge direttamente la linea fissa su cui gli italiani telefonano e navigano dalle proprie abitazioni. Una storia che ha per protagonisti Naguib Sawiris e Telecom Italia, e che vede al centro dell’attenzione proprio l’infrastruttura su cui si basa la rete nazionale.
L’interesse di Naguib Sawiris per Telecom Italia è noto da tempo. Un approccio fatto di lanci e rilanci, giunto ora all’ipotesi di un forte aumento di capitale (3 miliardi di euro) per il quale Sawiris cerca però l’appoggio degli attuali azionisti del gruppo. Un approccio, però, che impone un diktat estremamente preciso e fermo: ogni proposta è valida soltanto in assenza dello scorporo della rete, poiché in questo caso l’azienda sarebbe “svuotata” di uno dei suoi asset principali e con ogni evidenza origine prima dell’interesse del magnate egiziano.
Lo scorporo della rete è un’ipotesi nell’aria ormai da tempo. Anni fa era visto come possibile soluzione al problema del digital divide italiano, in quanto il controllo dell’infrastruttura legava indissolubilmente il mercato all’incumbent. In seguito lo scorporo ha iniziato ad essere considerato una risorsa, poiché Telecom Italia avrebbe potuto monetizzare la cessione recuperando denaro da reinvestire (passando attraverso la Cassa Deposito e Prestiti). Recentemente lo scorporo è divenuto canale di dialogo con la politica, alla ricerca di un equilibrio per stimolare gli investimenti in una rete di nuova generazione in grado di far recuperare all’Italia il terreno perduto.
Ora lo scorporo diventa elemento centrale, la carta che Telecom Italia deve decidere come giocarsi. Se con le istituzioni, da una parte, o se con un investitore come Sawiris, dall’altra. Le proposte si moltiplicano ed al centro c’è la rete che entra nelle case degli italiani portando Internet. Un discorso che interessa Telecom Italia, dunque, ma che interessa di riflesso il paese intero.