Il mondo degli adolescenti è oltremodo complicato. Pulsione alla crescita, istinti sessuali, tempeste ormonali e quant’altro rendono l’età di mezzo come il passaggio più complesso che si attraversa. Se a tutto ciò si aggiunge l’incontro con il mondo della tecnologia, le complicazioni si fanno ulteriori e rischiano di sfociare in comportamenti pericolosi.
Una pratica su tutte sembra farsi largo tra le nuove generazioni: lo scambio delle password. Simbolicamente rappresenta un attestato estremo di fiducia, un modo per mettersi l’uno nelle mani dell’altro, sancendo così nel modo più profondo possibile un legame che si intende consolidare. Quello che nella tradizione poteva essere uno scambio di anelli o un braccialetto in comune, oggi rischia di sottovalutare la portata del simbolo ed oltrepassare il limite della ragionevolezza. Scambiarsi una password, infatti, è molto di più di uno scambio di un anello: è uno scambio di identità, di segreti e di “maschera”, qualcosa che va ben oltre la semplice condivisione.
Secondo Rosalind Wiseman, autrice di “Queen Bees and Wannabes”, il tutto ha un valore simbolico estremamente forte per le generazioni adolescenziali poiché raccoglie un forte valore pruriginoso. L’autrice lo esplicita chiaramente: scambiarsi le password è in molti casi un modo metaforico di fare sesso. Un atto di fiducia estrema, una corsa al contrario rispetto a quel che suggeriscono gli adulti, un modo per consegnare sé stessi alla propria anima gemella.
Un sondaggio Pew Internet and American Life Project effettuato nel 2011 consegnava un numero inequivocabile: il 30% dei teenager che navigano con regolarità si scambia le password con fidanzati o amici. Spesso è questa una pratica gradita, offerta volontariamente e parte integrante del rapporto; in altri casi è una pratica forzata, uno sbilanciamento nelle intenzioni che costringe uno dei due partner ad accondiscendere alla richiesta di fiducia avanzata dalla controparte.
Scambiarsi le password, del resto, significa non avere segreti per il proprio partner, il che sembra indicare una dimostrazione di solidità e fiducia senza pari. Il che, però, apre ad evidenti problemi di vario tipo, peraltro facilmente identificabili: la password rimane in mani altrui anche dopo la rottura di un rapporto; la password impedisce di vivere appieno la propria identità online per paura di far trapelare qualcosa alla persona con cui si condivide l’account; la password è un’arma a doppio taglio, che cambia di segno nel momento in cui un rapporto perde la sua unità.
Il consiglio offerto dal New York Times, che raccoglie varie testimonianze sul tema, è quello di evitare un romanticismo troppo ingenuo e di evitare pertanto uno scambio di password che rischia soltanto di generare problemi. L’intimità può e deve essere dimostrata in altri modi, con azioni più concrete e meno simboliche, lasciando quella che è l’integrità identitaria personale nella sfera che gli compete. Del resto le coppie sono state solide per secoli, anche senza lo scambio di una password che consegna la propria dimensione virtuale e sociale in mani altrui: un anello scambiato o un braccialetto in comune possono ancora continuare, anche nel terzo millennio.