In cerca di risarcimenti milionari, molti cittadini statunitensi abusano spesso delle class action, le azioni legali collettive generalmente indirizzate contro i grandi trust economici americani. Ricche di clienti e spesso premiate con introiti da capogiro, le compagnie telefoniche sono gli obiettivi preferiti dagli intavolatori delle azioni collettive. Il loro alto numero di clienti, infatti, assicura maggiori probabilità di riuscita nella difficile fase di raccolta di nuovi aderenti alla causa. Dopo i servizi vocali, talvolta vessatori e non richiesti, sembra essere ora giunta l’ora degli SMS, i brevi messaggi di testo inviati ogni giorno da decine di milioni di cittadini americani.
Un gruppo di clienti di alcune compagnie telefoniche statunitensi ha così deciso di avviare una class action contro il prezzo, a loro modo di vedere, esageratamente alto applicato dai gestori. La tesi sostenuta dai propositori della nuova class action è molto semplice e basa il proprio principio sulla quantità di dati scambiati per ogni singolo SMS. Ogni messaggio di testo ha una dimensione massima di appena 140 byte, per la cui trasmissione le compagnie telefoniche applicano una tariffa media di 20 centesimi di dollaro. Un prezzo eccessivamente alto secondo gli autori della class action, che accusano le società telefoniche di mantenere una sorta di politica vessatoria nei confronti dei loro clienti, ormai abituati a utilizzare i messaggi di testo brevi del loro cellulare.
Presentata alla Corte federale del distretto sud del Mississippi, la class action contesta inoltre l’impossibilità oggettiva di disattivare i servizi SMS sui terminali per i clienti delle compagnie telefoniche, che non avrebbero dunque il pieno controllo sui loro stessi telefoni cellulari. I servizi via SMS non richiesti, ma ugualmente addebbitati in bolletta, sono un altro dei capisaldi dell’iniziativa avviata contro i trust della telefonia yankee. L’azione legale collettiva coinvolge alcuni dei principali gestori telefonici statunitensi come il colosso AT&T, Verizon, Virgin Mobile e Sprint Nextel. Al momento nessuna società ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale; secondo numerosi analisti, la class action avviata nel Mississippi avrebbe comunque poche probabilità di raggiungere le aule dei tribunali.