Schmidt: Google voleva investire nell'editoria

Per un certo periodo Google ha valutato la possibilità di investire nel mondo dell'editoria. I rumor che vedevano il gruppo vicino all'acquisto di parte del New York Times, dunque, erano probabilmente vere. I rischi correlati hanno sconsigliato l'azione
Schmidt: Google voleva investire nell'editoria
Per un certo periodo Google ha valutato la possibilità di investire nel mondo dell'editoria. I rumor che vedevano il gruppo vicino all'acquisto di parte del New York Times, dunque, erano probabilmente vere. I rischi correlati hanno sconsigliato l'azione

Sì, Google ha preso in ipotesi l’eventualità di compiere un lauto investimento nel mondo dell’editoria. Comprare un giornale nel momento di maggior difficoltà del settore poteva essere un buon investimento (il che comporta però una certa dose di rischio calcolato), ma sul presente il CEO Eric Schmidt è chiaro: l’ipotesi dell’acquisto è ormai andata a monte ed il gruppo non sta più tenendo in considerazione questa possibilità.

È quantomeno strano il rapporto tra Google e l’editoria. Google è l’emblema primo di quel vento contrario che ha fermato la corsa dei giornali; Google è il protagonista degli scontri scatenati da Google News; Google è il gruppo che oggi propone ai giornali di salvarsi mediante la rivoluzione digitale e l’affidamento ai sistemi di sostegno pubblicitario. Per un certo momento, si viene a sapere dal Financial Times, Google è stato anche il gruppo che avrebbe potuto investire direttamente nel mondo dell’editoria, prima di ripensarci ed evitare di compiere un passo estremamente pericoloso per i principi del gruppo stesso.

Acquistare un giornale, infatti sarebbe stato come «oltrepassare la linea», mettendo un piede fuori dal mercato della tecnologia per andare ad impegnarsi in quello dei contenuti: le ripercussioni ed i compromessi necessari sarebbero stati probabilmente incalcolabili a priori, il che avrebbe stemperato una buona dose di rischio sull’intero impero Google. Addirittura tra le ipotesi in valutazione v’è stata quella di un impegno nell’editoria da parte di Google.org: l’attività sarebbe stata portata avanti su di un principio non profit con chissà quali risultati e conseguenze sull’intero settore.

Schmidt conferma dunque oggi quel che i rumor davano per possibile mesi fa, quando i primi giornali hanno iniziato a scricchiolare e si è resa evidente una crisi del settore tale da andare ben oltre le sole problematiche finanziarie sostanzialmente condivise da tutti i gruppi impegnati. Se Google non ha poi portato avanti l’idea è soprattutto per una valutazione di opportunità: l’impegno finanziario sarebbe stato gravoso (tra le testate nel mirino sembra potesse figurare il New York Times, il quale avrebbe messo a disposizione di Google il 20% della proprietà) e, con una crisi economica dai contorni poco delineati in arrivo, l’idea di correre un rischio senza troppe sicurezze ha scoraggiato il team di Mountain View dal tentare un passo non certo più lungo della gamba, ma sicuramente da compiersi su di un terreno malfermo.

Contestualmente alle ammissioni relative agli investimenti editoriali di Google, Eric Schmidt ha anche smentito ogni personale velleità politica: «Non c’è una seconda vita dopo Google […] Posso assicurare che non correrò per un ruolo politico».

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