Tra pochi giorni saranno trascorsi 3 anni dal giorno in cui Google annunciò l’acquisizione di YouTube per 1.65 miliardi di dollari. Era l’Ottobre del 2006 e l’operazione fu clamorosa: il valore riconosciuto al servizio sembrava riportare il Web all’epoca della bolla delle dotcom ed il prezzo della transazione era considerato eccessivo per una start-up nata pochi mesi prima. L’importanza di YouTube era però universalmente riconosciuta ed il brand già lasciava intuire tutto il proprio potenziale. A distanza di 3 anni Eric Schmidt è tornato su quell’operazione confermando la bontà delle sensazioni iniziali: Google ha pagato per YouTube un prezzo molto maggiore rispetto al valore reale del servizio.
La dichiarazioni di Schmidt emergono dalle deposizioni legate alla denuncia di Viacom contro Google per le presunte violazioni di copyright commesse da YouTube. Secondo quanto indicato dal CEO Google, ai tempi il prezzo equo per l’acquisto era attorno a 600/700 milioni di dollari. Se Google è arrivato a pagare ben 1 miliardo di più, è per il timore che Microsoft o Yahoo avrebbero potuto mettere le mani sul servizio, facendosi così forza su di un brand in forte crescita e sul quale Mountain View faceva forte affidamento.
Negli anni gli investitori hanno potuto apprezzare ogni singolo aspetto della crescita di Google, ottenendo in cambio lauti riconoscimenti grazie alla forte scalata delle azioni del gruppo a Wall Street. L’unico neo in questo quadro idilliaco è quello di YouTube, servizio di enorme potenziale ma di minima redditività. A distanza di 3 anni YouTube è stato per Google soltanto un salasso ed a tutt’oggi il team di Mountain View sta cercando un modo per portare in attivo le attività della repository video più importante al mondo.
Ma c’è una ulteriore spada di Damocle a pendere sul connubio tra Google e YouTube. Il processo avviato dalla denuncia Viacom (in ballo v’è una richiesta da 1 miliardo di dollari) avrebbe visto agli atti alcune email attestanti tanto la colpevolezza di YouTube, quanto il concorso di colpa di Google. Sebbene i testi non siano pubblici, le email confermerebbero l’upload di materiale protetto da copyright da parte di dipendenti YouTube, attività nota in Google e mai ostacolata. Secondo l’accusa, insomma, Google avrebbe fatto leva su materiale di valore per aumentare la popolarità del sito. Per contro, YouTube difende il proprio operato sbandierando le iniziative poste in essere per aiutare i detentori del copyright ad ottenere un vantaggio dagli upload degli utenti.
Se il caso dovesse girare a sfavore di Google, l’operazione YouTube sarebbe costata a Google ben più del salasso valutato ad oggi. Ciò nonostante, la storia delle azioni non ne uscirebbe viziata: la crescita globale del gruppo è stata tanta e tanto prolungata da coprire ogni magagna emergente dall’unica grande operazione ancora priva di risultati tangibili per i bilanci dell’azienda.