Addio Naming Authority! Largo alla RA
Il Registro per i ccTLD .it (country code Top Level Domain) cambia volto. Ormai è certo: presto l’addio alla Naming Authority che lascia in eredità la funzione regolatrice dei domini .it alla Registration Authority (RA), il braccio operativo per l’assegnazione dei nomi di dominio italiani. Ed il giorno decisivo per far venir meno la divisione tra gestore dei nomi di dominio Internet ed ente normatore per l’assegnazione dei indirizzi Web italiani potrebbe essere proprio oggi.
L’occasione per recitare il de profundis annunciato sulle spoglie della Naming arriva con la riunione, prevista per mercoledì 31 ottobre a Pisa, durante l’incontro tra la RA ed i maintainers, ovvero i registries che prendono in carica dai privati e dalle aziende la richiesta di assegnazione dei nomi di dominio made in Italy.
Le premesse
Il polo informatico del CNRdi Pisa (IAT) aveva istituito al suo interno la Naming Authority con compiti di regolamentazione e di assegnazione dei nomi di dominio fin dall’epoca di attribuzione della gestione dei ccTLD .it da parte dello IANA. E parliamo dell’ormai lontano 1985.
Solo con l’irrompere degli interessi commerciali in Rete e con l’assalto massiccio alle url, l’istituto di ricerca pisano -sotto pressione degli operatori di Internet– si è dotato più tardi della Registration Authority quale braccio operativo per l’assegnazione dell’extension .it.
Dunque, due entità con due distinti compiti. Una che si occupava di dettare le regole, l’altra che materialmente teneva in ordine il data base mondiale per la gestione dei domini .it. Per un certo periodo di tempo, i due hanno convissuto pacificamente. Poi la guerra fratricida.
Dopo svariati tentativi, la più giovane Authority, con funzioni esclusivamente tecniche, ha assestato il colpo finale per fagocitare la matura NA ed annesse funzioni normative. Le cause del rivolgimento? Un groviglio quasi inestricabile di interessi economici molto forti, ma non solo.
Man mano che il mercato degli indirizzi Web cresceva, diventava sempre più chiaro l’enorme giro di denaro che ruota intorno ai nomi di dominio, ma, aumentavano anche le spaccature all’interno del NIC.
Le cause? Soldi, ma non solo
Non solo di soldi si tratta. Se il business fiutato dagli operatori economici e l’indebolimento della Naming non sono fattori disgiunti è anche vero che l’automutilazione dell’ente di autogoverno della Rete italiana arriva per effetto di un logorante dibattito interno. A complicare il quadro, già delicato per gli ingenti interessi economici in ballo, sono arrivati una serie di equivoci.
Ad agitare le acque nella NIC, a quanto pare, è stata l’incomunicabilità tra i livelli tecnici ed informatici e quelli giuridici dei problemi posti dalla Rete.
In conclusione dei fatti per una convergenza di fattori, la Naming Authority italiana si prepara a togliere il disturbo nel più assoluto silenzio (se non fosse per qualche viva protesta limitata al contesto degli addetti ai lavori) perché di colpo i suoi stessi vertici la giudicano superflua e la sua “funzione superata dallo spirito dei tempi”. Questo il tenore del messaggio postato a fine settembre sul forum del Nic, messaggio con cui il professor Franco Denoth, presidente dello IAT, di fatto ha sancito l’auto-soppressione dell’ente.
A raccogliere l’eredità dell’ente che dagli anni 80 ha ottenuto dallo IANA l’assegnazione dei nomi di dominio .it ci sarà la Registration Authority che al suo interno istituirà un Comitato di regolamentazione che rivestirà il compito normativo della NA.
Il falso dilemma: norme o tecnica?
Gli ultimi fuochi della polemica sul destino della NA si sono consumati intorno alla fittizia contrapposizione tra la prevalenza di norme giuridiche o di aspetti tecnici. Come se le prime escludessero le seconde o viceversa.
La NA si è accollata il compito di fissare le regole per la rassegnazione dei nomi di dominio. Questione questa, insieme a molte altre dell’e-government, in cui l’aspetto normativo non è affatto secondario rispetto a quello tecnico.
Nel frattempo gli interventi propositivi a margine delle modifiche alla RA si sono consumate lasciando irrisolte una serie di questioni. Da dove la legittimazione a dettare norme in materia di dominio? Ci si chiedeva dalle pagine di Interlex, ricordando che la direttiva comunitaria 51 del 1997, attribuisce le funzioni di regolamentazione del settore non alla NA (e di conseguenza nemmeno al suo successore) ma all’Authority Tlc.
La questione non è nuova per i vertici di governo della rete e, fatte le debite modifiche, si ripropone invariabilmente anche per l’ente che ha il monopolio mondiale dei nomi di dominio, l’ICANN. Ma questo non risolve di una virgola il nostro problema.
Chi controlla i controllori?
La scomparsa della Naming Authority lascia insoluta la questione di chi scriverà ora regole imparziali per i nomi di dominio Internet. All’illusione dell’autogoverno della Rete, Manlio Cammarata dalle pagine di Interlex con un suo decisivo intervento ha risposto che Internet non è né un club né tanto meno la piccola comunità degli albori, in grado di autogestirsi in modo non organizzato.
In questo contesto l’idea che un unico organismo (composto anche dagli operatori economici della Rete) debba dettare le regole alle quali sottoporre questi ultimi per poi applicarle, apre l’interrogativo finale: chi controllerà i controllori?