Quando Google lanciò Gmail tutti espressero stupore per
l’enorme ammontare di spazio messo a disposizione. Quel gigabyte (raddoppiato
nel giro di qualche mese) fece sembrare a dir poco misere le offerte di posta
dei maggiori concorrenti. Iniziò subito la rincorsa, con le varie Yahoo!,
Microsoft, AOL (oltre agli operatori nazionali) ad aggiornare con solerzia i propri
servizi. L’adeguamento della capacità in termini di spazio, però,
non fu accompagnato almeno inizialmente da un miglioramento dell’interfaccia di
gestione. Perché se con gli attuali costi di storage il passaggio ad 1
o 2 gigabyte non fa così tanta differenza, a rendere la posta di Google
davvero rivoluzionaria e a mantenerla una spanna sopra gli altri era ed è
proprio l’interfaccia. Niente più estenuanti refresh della pagina ad
ogni operazione compiuta, velocità, facilità di navigazione. Tutto
grazie ad una complessa architettura basata, tra l’altro, su Javascript e XML.
Sono in molti a far risalire all’esordio di Gmail l’inizio di una nuova
tendenza nella realizzazione di applicazioni web, nuova almeno nella sua proposizione
ad un pubblico di massa, visto che le sperimentazioni nella cerchia ristretta
degli sviluppatori vanno avanti da anni. La stessa Google ha fornito ulteriori,
interessantissimi esempi di implementazione con le sue mappe, mentre un modello
è stata per altri versi l’interfaccia di Flickr, il popolare servizio
di photo sharing recentemente acquisito da Yahoo!. Ad accomunare tutte queste
esperienze è una sorta di rivalutazione di Javascript. Nato come
supporto ad HTML per l’aggiunta alle pagine web di funzionalità dinamiche
e di interazione con l’utente, questo linguaggio aveva subito negli anni una sorta
di degenerazione, venendo utilizzato per scopi che tutto facevano meno che accrescere
l’usabilità dei siti. Oggi, finalmente, si è capito che può
tornare ad essere utile per costruire esperienze di navigazione avanzate e realmente
user friendly. I più entusiasti pensano che nel giro di qualche
anno il paradigma classico di navigazione sul web, quello fondato sul ‘salto’
da una pagina all’altra, possa essere rivisto e sostituito da un modello molto
più simile a quello delle applicazioni desktop.
Tutto facile? No. Il ‘nuovo web’ basato su un uso spinto dei vari linguaggi
di scripting continua ad essere fruito (e continuerà ad esserlo per un
bel po’) con programmi nati per supportare il vecchio modello. Oltre a ciò,
continua a sussistere un diverso livello di supporto per questi linguaggi tra
i vari browser. Non è raro, di fronte a servizi avanzati come Gmail o Google
Maps, scoprire che non è possibile fruirli con versioni datate o addirittura
con specifici sistemi operativi. Con buona pace di quel concetto di ‘universalità
dell’accesso’ tanto caro a Tim Berners Lee.
Il problema principale rimane infatti quello dell’accessibilità. Detto
in sintesi, un sito costruito con un uso intensivo di Javascript o programmazione
DOM, sarà difficilmente utilizzabile da chi, per qualunque ragione, deve
navigare con sistemi diversi da un browser web di ultima generazione. Parliamo
di disabili, ovviamente, ma anche di utilizzatori di palmari, cellulari o smart
phone. Il paradosso, insomma, è che migliora enormemente l’usabilità
per gli utenti ‘tradizionali’ ma a scapito dell’accessibilità per certi
gruppi specifici.
Nasce da queste e altre considerazioni l’ultima iniziativa del WaSP
(Web Standards Project), un gruppo di pressione attivo nel mondo del web development
che ha come finalità principale quelle di affermare l’uso di linguaggi
standard per costruire un web migliore e più accessibile. La Dom
Scripting Task Force vuole essere un punto di riferimento e orientamento per
gli sviluppatori web che intendano cavalcare l’onda delle nuove applicazioni web
dinamiche senza rinunciare all’accessibilità. Un manifesto
programmatico e un blog
di supporto sono i primi passi di un’iniziativa utile e importante, che si
spera possa diffondere, come altre analoghe, la giusta consapevolezza su questioni
spesso trascurate.