Prima l’amicizia, poi il furto. Anche in Italia si stanno moltiplicando le gang giovanili che usano Facebook come primo passo per intruffolarsi nelle abitazioni e fare razzia. L’ultimo caso è stato sgominato nella Capitale e ha portato a sei arresti e altre sette persone denunciate, 1.000 carte d’identità in bianco e altra refurtiva recuperata per decine di migliaia di euro. Ne facevano parte anche due ragazze diciassettenni di buona famiglia. Erano loro a trovare le vittime.
L’operazione del nucleo radiomobile di Roma era partita dalla denuncia dalla mamma di una di queste ragazze, preoccupata dalle amicizie della giovane. Invaghitasi di un ventenne straniero, lo ha aiutato a trovare case da svaligiare con un metodo tipico di questa generazione, fatto di social network, smartphone, esibizionismo.
Era tutto semplice, puntava sulla ingenuità molto (troppo) diffusa tra i coetanei: prima si chiedeva l’amicizia alla vittima designata, poi se ne conquistava la fiducia e si convinceva a farsi invitare a casa in assenza dei genitori. Una volta entrate in casa, una delle due ragazze con un pretesto si allontanava per finta, nascondendosi nell’abitazione, mentre l’altra usciva per una passeggiata con la nuova amicizia.
A quel punto l’altra ragazza rimasta sola faceva accedere la banda per razziare l`appartamento. C’è da dire che altri furti sono stati compiuti dal gruppo ai danni di bar tabacchi, negozi vari e persino gli uffici di un municipio.
Compiere un reato e riprendersi
Le immagini fornite dai carabinieri sembrano uscite dal nuovo film di Sofia Coppola, che proprio in questi giorni a Cannes presenta The bling ring: la pellicola, con protagonista un idolo dei teenager, Emma Watson, racconta le scorribande di alcune ragazze di Beverly Hills che diventarono famose per i loro furti nelle abitazioni dei Vip.
Gli stimoli a compiere questi furti sembrano essere gli stessi anche per il gruppo italiano: non partono dal bisogno materiale, non solo, bensì da quello narcisistico. Anche i ragazzi più giovani di questa banda erano ossessionati dal riprendere le loro malefatte, fornendo così una prova inoppugnabile a chi li ha denunciati. Comportamento autolesionista secondo logica, ma non per questi ragazzi.
Feste ed amicizie superficiali: come usare male Facebook
Il tema è già stato trattato in alcuni casi precedenti. Vale sempre la pena ribadirlo: Facebook non è il male, ma può far male se non lo si sa utilizzare. Uno dei vizi più diffusi tra i giovanissimi – quella fascia tra i 13 e i 18 anni che utilizza molto i social network, soprattutto nella versione in mobilità – è quello di creare eventi aperti (ora il sito ha messo dei paletti), raccogliere in una sfida con gli altri più amicizie possibile, e non avere un’idea matura, precisa, dei limiti da impostare alla propria privacy.
Eppure basterebbe poco per evitare questi problemi. Alcuni suggerimenti:
- Gestire la parte pubblica delle proprie informazioni: Facebook permette di impostare secondo diversi criteri il diario e le informazioni personali, e anche la privacy. Meglio che tutto sia impostato su “amici” (secondo uno studio del Pew Research, lo stato “amici degli amici” significa condividere informazioni con almeno 156mila persone), soprattutto ridurre al minimo i dettagli. Se si hanno troppi amici gran parte dei quali non si conoscono, meglio rimuovere l’indirizzo di casa, il numero di telefono, la data di nascita e altre informazioni che potrebbero essere utili per falsificare una identità e utilizzarla per truffare qualcun altro.
- Nel dubbio, bloccare: Se un nuovo amico mostra un’attenzione particolare per le informazioni personali, da subito, e ha un atteggiamento che non piace, si può bloccare. Questo non significa, tra l’altro, che sparirà per sempre. C’è un elenco dei blocchi sempre aggiornato che permette eventualmente di ripristinare delle amicizie una volta informatisi meglio sulla persona.
- Non lasciare gli smarphone a nessuno: I nuovi device hanno applicazioni che permettono in pochi gesti di acquisire moltissime informazioni su chi li usa. Meglio non lasciarli mai in mano a nessuno e, in caso vada perduto, è utile avere delle applicazioni (come Android Lost) che permettono di ripulirlo immediatamente prima che possa finire in mani sbagliate.