Sembra si stiano sgonfiando le alte aspettative legate al business nel mondo virtuale di Second Life. Dopo che nell’ultimo anno si sono avvicendati una serie di annunci di molte aziende e ministeri degli affari esteri che aprivano un distaccamento nell’universo creato dai Linden Labs, ora molte delle compagnie che si erano affrettate ad acquistare terreni o isole dentro Second Life si stanno ritirando.
Come era facile prevedere il business in Second Life si è rivelato molto meno redditizio di quello che era stato ventilato o di quello che le stesse aziende sembravano aspettarsi. Non solo infatti dal punto di vista commerciale le cifre scambiate nel mondo virtuale sono veramente esigue, ma anche dal punto di vista pubblicitario una presenza in Second Life raggiunge un pubblico che è di molto inferiore a quello che solitamente le aziende sono abituate a raggiungere. Degli 8 milioni di membri di Second Life infatti pochi sono quelli che effettivamente sono cittadini e molti sono quelli che si sono loggati una sola volta, tanto che i picchi di utenti connessi contemporaneamente sono intorno ai 40,000.
«Non c’è nessuna ragione per rimanere» ha detto al Los Angeles Times Brian McGuinness, vicepresidente di Aloft, un marchio della catena di Hotel Starwood, che chiudono il loro distaccamento virtuale e regalano la loro terra al social network no-profit TakingITGlobal. E anche se non hanno fatto dichiarazioni ufficiali a giudicare dallo stato di abbandono dei siti di certe aziende si può evincere che si stanno ritirando anche Best Buy, Sun Microsystems, IBM, Dell e American Appareal, compagnie che in molti casi erano entrate in Second Life solo per il ritorno pubblicitario sui media tradizionali che una simile mossa poteva avere.
E con le aziende se ne va anche una bella fetta di reddito da Second Life la cui mole di denaro scambiato tra Maggio e Giugno è passato da 7,3 milioni di dollari a 6,8 e il numero di avatar attivi è diminuito del 2,5%.