Anni di convinzioni, volumi e volumi di indicazioni sanitarie, e poi quell’indice minaccioso che ci ricordava che la schiena deve stare dritta. Quante volte la zona sacrale è scivolata in punta alla sedia ed il senso di colpa l’ha riportata a comporre quell’angolo di 90 gradi che il pubblico sapere considerava sano per la salute della schiena dei più sedentari? Ebbene, queste convinzioni entrano seriamente in crisi: c’è, oggi, chi afferma tutto il contrario.
Secondo alcuni studi del centro ricerca del Woodend Hospital di Aberdeen (Scozia), infatti, la postura a 90° scarica tutti gli oneri della forza di gravità sulla zona lombare determinando alla lunga danni che potrebbero essere evitati. Lo studio asserisce come l’angolo a 135 gradi (formando dunque un angolo ottuso tra le gambe e la spina dorsale) sia quello più corretto, il che imporrebbe però a chi lavora al computer una postura non esattamente consona con quelle che sono le abitudini odierne.
Secondo la nuova teoria proposta, dunque, la postura più corretta vedrebbe il lavoratore informatico reclinato all’indietro, completamente appoggiato allo schienale. Andando avanti per logiche deduzioni, si imporrebbe una sedia con sedile inclinato per evitare uno scivolamento sulla superficie di posa. Non solo: per evitare sforzi in zona cervicale il monitor andrebbe posizionato più in alto e, per affaticare di meno la vista, occorrerebbero monitor più ampi ed in posizione più sollevata del normale per evitare un angolo inadeguato alla vista umana.
Secondo Waseem Amir Bashir, autore dello studio, «non siamo stati creati per rimanere seduti per ore, ma la vita moderna lo richiede, però possimo limitare i danni» (Corriere della Sera). La dimostrazione delle tesi portate avanti diventerà ora compito degli esperti del settore. Il tutto ha se non altro il merito di sollevare un interrogativo che, per quanto banale, porta in sè un’importanza sicuramente sottovalutata: ore e ore passate davanti al pc da milioni di persone tutti i giorni hanno un impatto sociale molto forte e la salvaguardia della salute passa innanzitutto dal modo in cui ci si siede e si lavora. Abitudini e luoghi comuni, davanti a fenomeni di tale portata, non reggono. Per la scienza medica un nuovo interrogativo per cui milioni di persone attendono risposta.