E’ reato appellare qualcuno continuativamente “bimbominkia” in messaggi postati in un gruppo Facebook, dato che equivale ad additarlo come mentalmente ipodotato. E’ quanto sancito da una sentenza della Corte di Cassazione che ha pertanto condannato per diffamazione aggravata una donna che ha apostrofato con questo appellativo un’altra persona sul noto social di Meta.
Dare de bimbominkia su Facebook è un reato
In gergo, soprattutto in quello giovanile, col termine “bimbominkia” si indica un utente web che si comporta in modo stupido e infantile, magari intervenendo continuamente nelle discussioni e mostrandosi fastidioso o irriguardoso verso gli altri. Una sorta di versione 2.0 di quello che un tempo veniva invece definito “troll”.
Nel caso specifico, però, si parla anche di una persona che, citando la Treccani, mostra scarsa competenza linguistica e culturale, e usa marcatamente elementi tipici della scrittura enfatica, espressiva e ludica.
L’appellativo viene dunque utilizzato per indicare chiunque, indipendentemente dal sesso e dall’età, abbia simili comportamenti. Ma da oggi, quello che può sembrare a qualcuno un epiteto “leggero” e comunque non volgare, diventa “altro”, e può portare a una denuncia e alla relativa condanna per diffamazione.
Un’offesa come altre, che su internet come nella vita reale equivale alla diffamazione mezzo stampa. Soprattutto se ciò avviene ad esempio in un gruppo Facebook con oltre duemila iscritti. Una sentenza che, battute a parte, rischia paradossalmente di diventare epocale, in attesa magari di un pronunciamento su altri termini tanto in voga al momento e distribuiti a casaccio con “generosità” dai frequentatori dei social, come “no vax”, “no pax” e minus haben.